I neonati della pandemia: abili gattonatori, ma di poche parole. L’isolamento ha rallentato le capacità comunicative

Lo studio 

I neonati della pandemia: abili gattonatori, ma di poche parole. L’isolamento ha rallentato le capacità comunicative

Costretti a stare in casa, sono diventati campioni di gattonamento. Ma non hanno sviluppato le competenze linguistiche e sociali normali per la loro età. I bambini nati poco prima del lockdown sono meno abili nel comunicare rispetto ai coetanei pre-pandemici. Probabilmente il deficit è reversibile

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Immagine: Alexander Dummer 4dgraphic, CC0, via Wikimedia Commons
di redazione

Seduto sul passeggino, scarrozzato per il quartiere, prima al parco, poi al mercato, qualche sosta per la strada prima di tornare a casa. Oppure portato in giro in macchina, solita strada, per raggiungere l’asilo. E nel frattempo ascolta voci, vede facce, scambia sorrisi, osserva i gesti, interagisce con le persone che incontra di tutte le età. È così che il bambino “Tizio” di pochi mesi di vita sviluppa competenze relazionali e comunicative. Non è andata allo stesso modo al bambino “Caio” nato insieme al nuovo coronavirus e accolto in un mondo in lockdown. Nelle prime fasi del suo sviluppo gli sono mancate le facce degli sconosciuti, i pianti degli altri bambini, le parole incomprensibili dei passanti, le espressioni più decifrabili di un adulto particolarmente empatico. E tanto altro.

Il mondo era fatto di quattro mura, i volti erano quelli di mamma e papà e dei fratelli (se li aveva), le poche facce sconosciute apparse sporadicamente erano coperte dalle mascherine. Come è cresciuto Caio rispetto a Tizio?  Ora gli autori di uno studio su Archives of Disease in Childhood si sono chiesti se l’isolamento a cui sono stati costretti i bambini nei primi mesi di vita, il periodo in cui si sperimentano le prime relazioni umane, abbiano inciso sullo sviluppo delle competenze comunicative. I risultati suggeriscono che effettivamente il lockdown ha rallentato l’acquisizione delle capacità relazionali ma c’è ragione di credere, rassicurano i ricercatori, che il deficit sia temporaneo e che con il rientro nella comunità il ritardo venga colmato del tutto. Gli scienziati invitano comunque a monitorare attentamente la crescita dei figli della pandemia fino all’età scolare per assicurarsi che l’isolamento non procuri effetti a lungo termine. 

I ricercatori hanno analizzato i questionari rivolti ai genitori di 309 bambini “pandemici” di 12 mesi nati in Irlanda nei primi tre mesi della pandemia tra marzo e maggio 2020. I genitori erano invitati a valutare lo sviluppo dei figli in base a 10 parametri indicativi della crescita: la capacità di gattonare e di passare lateralmente ai mobili,  l’indipendenza, l’autonomia, la capacità di afferrare piccoli oggetti con il pollice e l'indice (presa a tenaglia) e di impilare i mattoni, di riconoscere il proprio nome, di esprimere una parola definita e significativa, di indicare gli oggetti e di fare il gesto del saluto con la mano. I risultati sono stati paragonati a quelli di 1600 bambini coetanei nati in Irlanada tra il 2008 e il 2011. 

Dal confronto è emerso che la percentuale di bambini pandemici che raggiungeva le tappe “standard” dello sviluppo della comunicazione sociale era inferiore a quella registrata nel gruppo di confronto. I bambini del lockdown erano più bravi a gattonare degli altri, probabilmente avendo potuto esercitarsi ampiamente nelle loro case,  ma avevano capacità di linguaggio inferiori. Il 77 per cento dei bambini pandemici a un anno era in grado di pronunciare una parola di senso compiuto contro l’89 per cento del gruppo di confronto. L’84 per cento dei bambini pandemici sapeva indicare gli oggetti, contro il 93 per cento degli altri, e l’88 per cento muoveva la mano per dire “ciao ciao”, contro il 94,5 per cento degli altri. 

Le differenze potrebbero essere dovute al numero inferiore di stimoli esterni ricevuti dai bambini che sono rimasti isolati in casa nei primi mesi di vita. 

«L'isolamento sociale associato alla pandemia sembra aver avuto un impatto sulle capacità di comunicazione sociale nei bambini nati durante la pandemia rispetto a una coorte storica. I bambini sono resilienti e curiosi per natura, ed è molto probabile che con il rientro nella società e l'aumento delle relazioni sociali le loro capacità di comunicazione sociale miglioreranno. Tuttavia, questa coorte e altre dovranno essere seguite fino all'età scolare per assicurarsi che sia effettivamente così», concludono i ricercatori.