Parkinson: inibire una proteina può rallentare il deterioramento dei neuroni

Studio

Parkinson: inibire una proteina può rallentare il deterioramento dei neuroni

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Immagine: Bobby Thomas from the Medical University of South Carolina
di redazione
Uno studio su Pnas lascia intravedere una potenziale terapia per il Parkinson. Si tratta di un farmaco che inibisce la proteina Bach1, che ha un ruolo chiave nella malattia, mettendo al riparo i neuroni che producono dopamina. La sperimentazione è ancora in fase preclinica

Non esiste una cura per la malattia di Parkinson e la gestione dei sintomi è il massimo a cui si può aspirare. La ricerca di una terapia prosegue faticosamente da anni senza grandi progressi. Ora i ricercatori della Medical University of South Carolina (MUSC) sperano di poter dare finalmente una svolta alla scienza con la scoperta del ruolo chiave di una proteina nella malattia di Parkinson. La proteina in questione si chiama Bach1, è altamente espressa nella malattia di Parkinson e si è dimostrata in grado di bloccare l'espressione di molti geni coinvolti nella protezione dei neuroni. I ricercatori hanno scoperto in modelli murini di Parkinson che inibendo questa proteina si frena il deterioramento delle cellule cerebrali. 

Lo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, parte dalle analisi post mortem del cervello delle persone con e senza Parkinson. Gli scienziati hanno osservato che i pazienti affetti dalla malattia mostravano un aumento dei livelli della proteina Bach1 e che le cellule cerebrali prive di Bach1 erano rimaste intatte, come se fossero state protette dai danni tipici della malattia. Tutto ciò ha suggerito un ruolo attivo di Bach1 nello sviluppo e nella progressione del Parkinson. Per confermare questa ipotesi, i ricercatori hanno eliminato Bach1 in modelli murini di Parkinson e hanno scoperto che i neuroni che producono dopamina erano inaspettatamente intatti, quando normalmente in presenza della malattia risultano danneggiati.

Per comprendere a cosa si dovesse l’effetto protettivo della mancanza di Bach1, gli scienziati hanno analizzato l'intero genoma del cervello di topi privati della proteina e hanno osservato quali geni fossero stati attivati. 

Si è scoperto che Bach1 disattiva i geni protettivi che sono controllati dalla proteina Nrf2. In collaborazione con vTv Therapeutics il team della Medical University of South Carolina ha messo a punto un composto chiamato HPPE capace contemporaneamente di inibire Bach1 e di attivare i geni controllati da Nrf2. 

L’efficacia di questo inibitore è stata testata sui topi. I ricercatori hanno somministrato il farmaco sia prima che dopo l’induzione della malattia osservando in entrambi i casi un miglioramento dei sintomi. 

Ulteriori analisi hanno mostrato che l'HPPE protegge i neuroni dal danno associato alla malattia attivando i geni antiossidanti e disattivando i geni pro-infiammatori. L'HPPE sembrerebbe funzionare meglio nel proteggere i neuroni rispetto agli attuali attivatori di Nrf2 approvati dalla FDA, tra cui Tecfidera (dimetilfumarato) e sembra anche più sicuro.

 Gli attuali attivatori (elettrofili) si legano in modo permanente alle proteine e le modificano aumentando il rischio di effetti collaterali dovuti alla tossicità cellulare o all’attivazione del sistema immunitario. L’HPPE invece non è un composto elettrofilo e quindi non provoca le stesse conseguenze, anche se gli effetti a lungo termine non sono ancora noti neanche sugli animali. Bisognerà verificare questo aspetto prima di poter proporre l’HPPE come una potenziale terapia per il Parkinson.