Smentito il mito del microbioma fetale: la contaminazione avviene durante il parto

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Smentito il mito del microbioma fetale: la contaminazione avviene durante il parto

Un gruppo di 46 scienziati propone un radicale cambio di prospettiva. I microbi rilevati nel feto sono in realtà frutto della contaminazione esterna. Analisi per prelevare i campioni e il parto sono i veri responsabili. Non c’è passaggio di microbi nell’utero materno

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Immagine: Ernest F, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons
di redazione

Somiglia all’annuncio di uno scisma quello firmato su Nature da 46 scienziati di tutto il mondo, esperti di biologia riproduttiva, di microbioma e di immunologia, che in una decina di pagine mettono in discussione il “dogma” del microbioma fetale, ossia l’acquisizione in utero, prima della nascita, di una parte dei microbi presenti nella placenta e nel liquido amniotico. La convinzione della presenza di microbi nel feto vacilla di fronte alla nuova ipotesi dei ricercatori guidati da Jens Walter dell’University College Cork (UCC) e della APC Microbiome Ireland. Secondo loro il feto umano è sterile e la presenza di batteri è dovuta piuttosto alla contaminazione con l’ambiente esterno durante l’analisi dei campioni fetali, nel corso del parto vaginale o del taglio cesareo. 

Questa nuova chiave di lettura del fenomeno impone una riflessione sull’intero campo delle analisi microbiche su organismi con biomassa di piccole dimensioni. C’è il fondato sospetto, suggeriscono i ricercatori, che la contaminazione avvenga proprio durante l’analisi di laboratorio e che la presenza di batteri sia dovuta all’intervento dello scienziato piuttosto che a circostanze precedenti.  Ci si ritrova, in sostanza, nello stesso impasse della fisica quantistica: l’osservatore incide sullo scenario impedendo così di ottenere informazioni oggettive indipendenti dalla sua stessa presenza.

Proprio per questo motivo entrambe le teorie, quella del microbioma fetale e quella dell’utero sterile, sono difficili da dimostrare. Ma secondo il team di ricercatori, di cui fa parte anche Nicola Segata del Cibio di Trento firmatario di un recente studio sulla trasmissione "sociale" del microbioma, la sterilità dell’utero è molto più credibile del suo contrario. Le prove raccolte dagli scienziati vanno tutte a favore dell’ipotesi dell’utero sterile. 

«Sebbene sia impossibile confutare la presenza occasionale di microrganismi vivi in un feto umano sano, i dati disponibili non supportano colonizzatori stabili e abbondanti in circostanze normali e non patogene. Siamo consapevoli che la nostra posizione è in conflitto con dozzine di pubblicazioni che rivendicano la presenza in utero dei microbi, ma siamo sicuri della validità del nostro approccio», scrivono i ricercatori. 

Va precisato che i sostenitori dell’utero sterile e i loro colleghi convinti al contrario dell’esistenza di microbioma fetale concordano su un punto: sull’importanza del microbioma del neonato per la sua salute futura. Il pomo della discordia è rappresentato dall’esistenza o meno di popolazioni microbiche simbiotiche nella placenta o nel feto.

«Questo documento di consenso fornisce una guida per le future ricerche, per concentrare gli sforzi dove saranno più efficaci. Sapere che il feto si trova in un ambiente sterile, conferma che la colonizzazione da parte dei batteri avviene durante la nascita e nella prima vita post-natale. Ed è lì che dovrebbe essere concentrata la ricerca di una startegia terapeutica per la modulazione del microbioma», afferma Walter.