Lo strano caso dell’infarto che “protegge” dal Parkinson. Potrebbe esserci di mezzo il fumo
Chi ha avuto un attacco di cuore potrebbe essere leggermente meno a rischio di sviluppare il Parkinson. Il curioso ruolo protettivo dell’infarto del miocardo nei confronti della malattia neurodegenerativa è emerso in uno studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association. E viene subito da domandarsi come sia possibile. L’ipotesi avanzata dai ricercatori è del tutto inaspettata. Sembrerebbe infatti che il Parkinson sia una delle poche malattie in cui il fumo e il colesterolo alto, noti fattori di rischio per il cuore, abbiano un effetto protettivo.
I ricercatori hanno analizzato i dati nei registri sanitari danesi di 182mila pazienti che hanno avuto un primo attacco di cuore tra il 1995 e il 2016 selezionando i casi di Parkinson e parkinsonismo. I risultati sono stati messi a confronto con quelli di un gruppo di controllo di 900mila persone che non hanno avuto un infarto. Il periodo di follow-up è durato 21 anni.
Nel gruppo delle persone che avevano avuto un attacco di cuore si è osservata una riduzione del 20 per cento del rischio di Parkinson e del 28 per cento del rischio di parkinsonismo rispetto al gruppo di controllo.
Al contrario, chi ha avuto un attacco di cuore aumenta le probabilità di andare incontro a un ictus ischemico o a demenza vascolare.
L'infarto e la malattia di Parkinson condividono alcuni fattori di rischio. In entrambi i casi a rischiare di più sono gli uomini anziani e in entrambi i casi il consumo di caffè e l’attività fisica svolgono una funzione protettiva.
I ricercatori fanno notare però che alcuni classici fattori di rischio per l’ infarto, come il fumo, il colesterolo alto, la pressione alta e il diabete di tipo 2, sono associati a un minor rischio di malattia di Parkinson. E questo potrebbe spiegare in parte perché una persona sopravvissuta a un attacco di cuore abbia meno probabilità di ammalarsi di Parkinson rispetto alla popolazione generale: le condizioni che favoriscono l’infarto sono curiosamente le stesse che allontanano le probabilità della malattia neurodegenerativa. Non accade in nessun altro caso.
«Ci sono pochissime malattie al mondo in cui il fumo è un fattore che riduce il rischio di ammalarsi. E il morbo di Parkinson è una di queste, la colite ulcerosa è un'altra. Il fumo aumenta il rischio delle malattie più comuni tra cui cancro, malattie cardiovascolari e malattie polmonari e sicuramente non fa bene alla salute», ha osservato Jens Sundbøll, a capo dello studio.
Una limitazione dello studio consiste nel fatto di non aver raccolto abbastanza informazioni sul fumo e sui livelli di colesterolo alto tra i partecipanti, il che potrebbe aver influenzato i risultati. Inoltre, la popolazione dello studio era in gran parte di etnia caucasica, quindi i risultati potrebbero non essere applicabili a persone di diversi gruppi etnici. Comunque, data l’ampiezza del campione analizzato, secondo i ricercatori, la ricerca fornisce informazioni nuove e affidabili sui rischi successivi a un infarto.
«Per i medici che curano i pazienti dopo un infarto, questi risultati indicano che la riabilitazione cardiaca dovrebbe essere mirata sulla prevenzione dell'ictus ischemico, della demenza vascolare e di altre malattie cardiovascolari come un nuovo infarto o insufficienza cardiaca, poiché il rischio di Parkinson sembra essere ridotto in questi pazienti, rispetto alla popolazione generale», ha detto Sundbøll.