Lo strano caso dell’orso bruno: 6 mesi di letargo e nessun rischio di trombosi
Sei mesi di immobilità e nessun rischio di trombosi. È lo strano caso degli orsi bruni che, pur restando fermi per un tempo prolungato, non sviluppano coaguli di sangue come potrebbe succedere a una parte degli esseri umani nelle stesse condizioni. Anche i maiali costretti a vivere in piccole gabbie senza possibilità di muoversi vengono risparmiati dalla trombosi, così come le persone paralizzate. Il fattore di protezione potrebbe essere in tutti questi casi lo stesso: la drastica riduzione della proteina piastrinica Hsp47. A suggerirlo è uno studio dell’Università di Reading, nel Regno Unito, in collaborazione con centri di ricerca in Danimarca, Germania, Norvegia e Svezia dove si mostra che gli orsi in letargo, i maiali immobilizzati e le persone paralizzate hanno livelli della proteina Hsp47 più bassi di 55 volte rispetto ai valori normali. La scoperta, annunciata su Science, potrebbe portare allo sviluppo di nuovi farmaci per la prevenzione di episodi di tromboembolismo venoso con rischio di embolia polmonare, infarto e ictus, nelle persone con una predisposizione genetica a difetti della coagulazione (trombofilia).
«Sembra controintuitivo pensare che le persone con una grave paralisi non abbiano un maggior rischio di coaguli di sangue. Questo ci suggerisce che accada qualcosa di interessante. E così si scopre che la riduzione dei livelli di Hsp47 gioca un ruolo chiave nella prevenzione dei coaguli, non solo negli esseri umani, ma anche in altri mammiferi, inclusi orsi e maiali. Quando si osserva qualcosa di simile in più specie, ne viene rafforzata l’importanza», ha commentato Jon Gibbins a capo dello studio.
La proteina Hsp47, rilasciata dalle piastrine, è una delle componenti necessarie ad avviare il processo di coagulazione del sangue in risposta a una ferita per evitare le emorragie. I ricercatori hanno osservato che l’aumento indotto della proteina Hsp47 nel sangue degli orsi, dei topi e degli esseri umani aumenta il rischio di sviluppare una trombosi venosa profonda. Stranamente, potrebbe essere proprio il movimento a mantenere la proteina a livelli adeguati, potrebbe darsi infatti che l’azione delle forze meccaniche abbia un impatto sull’espressione genica aumentando la quantità di Hsp47 in circolazione. Bisogna specificare che lo studio non mette in discussione le conoscenze attuali sui fattori di rischio per la trombosi. L’immobilità temporanea di un arto, dovuta a un’operazione chirurgica, o i voli intercontinentali continuano a essere giudicati eventi che aumentano le probabilità di trombosi soprattutto nelle persone geneticamente predisposte. E il movimento resta consigliato.
La novità della ricerca consiste nell’aver individuato un fattore protettivo che interviene nelle condizioni potenzialmente più rischiose, come il letargo o la paralisi, e che potrebbe forse spiegare come mai la maggior parte delle persone può volare da New York a Singapore senza sviluppare trombi nelle gambe.
I ricercatori hanno messo a confronto i valori del sangue degli orsi in inverno con quelli degli orsi in estate, quelli delle persone paralizzate con quelli delle persone che possono muoversi e camminare e hanno infine analizzato le differenze nel sangue dei maiali tenuti in piccoli recinti e dei loro simili liberi di muoversi nelle stalle. In tutti e tre i casi, l’ analisi proteomica ha mostrato che l'assenza di movimento era associata a valori bassi di Hsp47.
«Ora che sappiamo che Hsp47 è così importante, possiamo iniziare a cercare farmaci nuovi o già esistenti che potrebbero essere in grado di inibire la funzione di questa proteina nella coagulazione del sangue e proteggere le persone che si muovono che sono predisposte a coaguli di sangue», conclude Gibbins.