Lo strano caso del vaccino anti tubercolosi studiato come trattamento per il diabete 1 e la sclerosi multipla

Lo studio

Lo strano caso del vaccino anti tubercolosi studiato come trattamento per il diabete 1 e la sclerosi multipla

Il vaccino BCG contro la tubercolosi può avere un doppio effetto: potenziare le difese immunitarie o metterle a tacere. E così si candida tanto a combattere le infezioni (anche Covid-19) quanto a limitare i danni delle malattie autoimmuni. Sono in corso studi su diabete 1 e sclerosi multipla

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Immagine: Ensuring BCG Vaccination | Pakistan. CDC Global / Flickr (https://www.flickr.com/photos/cdcglobal/16870872369)
di redazione

Alzheimer, diabete, sclerosi multipla e persino Covid-19. Inaspettatamente il nuovo trattamento per queste patologie potrebbe essere un farmaco vecchio di 100 anni, il vaccino contro la tubercolosi BCG, acronimo che sta per bacillo di Calmette e Guérin, un ceppo di Mycobacterium bovis isolato e attenuato dai ricercatori isolato francesi Albert Calmette e Camille Guérin all'inizio del Novecento.

Lo stesso prodotto somministrato da circa un secolo ai bambini dei Paesi a rischio per prevenire l’infezione da Mycobacterium tuberculosis ha infatti dimostrato di possedere diverse potenzialità terapeutiche. I primi sospetti che i benefici dell’immunizzazione andassero oltre lo scopo principale del vaccino sono emersi sin dal suo primo impiego su larga scala. Il calo di mortalità infantile nei luoghi dove il vaccino veniva usato non poteva essere infatti attribuito esclusivamente alle mancate infezioni da tubercolosi. Sembrava che il vaccino proteggesse anche da altre infezioni. Un recente studio pubblicato sulla rivista Cell ha dimostrato che una dose singola del vaccino BCG riduce nelle persone anziane il rischio di infezioni respiratorie rispetto al placebo. Da qui l’ipotesi che possa essere impiegato per prevenire le forme gravi di Covid-19.

Ma ancora più sorprendentemente lo stesso vaccino sembrerebbe limitare i danni della sclerosi multipla o del diabete 1. Perché la sua azione può essere duplice e opposta: potenzia le difese immunitarie e tiene a freno le reazioni eccessive del sistema immunitario. Ed è questa seconda caratteristica a rendere il vaccino BCG un candidato per il trattamento delle malattie autoimmuni.  Attualmente è in corso una sperimentazione su 150 adulti per valutare la sicurezza e l’efficacia del vaccino BCG nel diabete di tipo 1. I risultati si avranno nel 2023. 

Nel caso del diabete 1 l’obiettivo della terapia è quello di impedire al sistema immunitario di attaccare le cellule beta del pancreas che producono insulina. 

Una ventina di anni fa alcuni ricercatori avevano scoperto che una molecola chiamata Tnf alfa (fattore di necrosi tumorale) era in grado di eliminare le cellule immunitarie “traditrici” che attaccano le cellule beta. 

Ma somministrare direttamente il Tnf alfa è difficile e rischioso. Così si è pensato di ricorrere al vaccino BCG che induce le cellule immunitarie a produrre la molecola in questione. Il primo esperimento è stato condotto da Denise Faustman dell’Harvard Medical School su tre adulti con diabete 1 non vaccinati contro la tubercolosi. Ognuno di loro aveva ricevuto due dosi del vaccino BCG a quattro settimane di distanza l’una dall’altra. Dopo poche settimane i parametri indicativi della malattia non erano migliorati, ma dopo tre anni si osservava una riduzione del 18 per cento dell’emoglobina glicata (HbA1C). Un ottimo risultato se si pensa che ad ogni riduzione del 10 per cento di HbA1c i rischi di malattie causate da danni ai vasi sanguigni scendono dal 25 al 44 per cento.

Ora si attende però la conferma dallo studio più ampio. 

Altrettanto interessati alle potenzialità del vaccino BCG, ma per altre ragioni, sono ricercatori italiani dell’Università Sapienza di Roma,  guidati da Marco Salvetti e Giovanni Ristori, che stanno valutando un suo utilizzo come trattamento per la sclerosi multipla. Forti dei primi risultati su 12 persone che avevano dimostrato che la vaccinazione riduceva il rischio di sviluppare danni in nuove aree del cervello, gli scienziati hanno proseguito le ricerche reclutando individui senza una diagnosi definitiva di sclerosi multipla ma con alcuni sintomi sospetti, come offuscamento della vista e debolezza muscolare. Trentatré persone hanno ricevuto una dose del vaccino BCG mentre gli altri 40 partecipanti il placebo.  

Nell’arco di cinque anni le persone vaccinate avevano meno probabilità di sviluppare nuovi danni o di peggiorare i sintomi rispetto a chi aveva ricevuto il placebo.  

Alla fine dello studio, il 70 per cento del gruppo trattato con placebo aveva ricevuto una diagnosi di sclerosi multipla, rispetto al 42 per cento del gruppo vaccinato. Il prossimo obiettivo degli scienziati della Sapienza è quello di verificare se il vaccino BCG possa prevenire l’insorgere della sclerosi multipla nelle persone che casualmente scoprono, attraverso una risonanza magnetica, danni neurologici che possono degenerare nella malattia. 

Infine, il vaccino BCG potrebbe avere un ruolo anche nel prevenire l’Alzheimer. Da uno studio del 2019 su PlosOne è emerso che solo il 2,4 per cento delle persone con tumore alla prostata che aveva ricevuto il vaccino contro la tubercolosi aveva sviluppato l’Alzheimer in confronto all’8,9 per cento delle persone non vaccinate. Da qui l’esigenza di testare l’efficacia protettiva del vaccino nei confronti della malattia neurodegenerativa su 30 persone con Alzheimer precoce. Alcuni partecipanti hanno ricevuto una doppia dose del vaccino, altri il placebo. La sperimentazione è ancora in corso. I ricercatori misureranno le capacità cognitive dei pazienti e i biomarcatori della malattia nel sangue e nel liquido cerebrospinale per tre mesi. Si attendono i risultati a breve.