Svelata la meccanica dell’invecchiamento
Uno studio dell’Università di Padova e di IFOM, pubblicato su Nature, ha svelato alcuni importanti meccanismi legati all’invecchiamento. In questa fase della vita si assiste a una progressiva diminuzione delle proprietà meccaniche dei fibroblasti, cellule che danno sostegno ai tessuti
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L’invecchiamento è, anche, un “problema” meccanico. Uno studio dell’Università di Padova e dell’Istituto Fondazione di Oncologia Molecolare (IFOM) pubblicato su Nature dimostra che tra i processi chiave alla base dell’invecchiamento c’è il decadimento dei tessuti detti "di supporto", o connettivi, normalmente responsabili della forma, del sostegno meccanico e della protezione di tanti organi. In particolare, gli scienziati hanno notato che durante questa fase della vita si assiste a una progressiva diminuzione delle proprietà meccaniche all’interno di particolari cellule tipiche di questi tessuti di sostegno, detti fibroblasti.
Ripristinando le proprietà biomeccaniche dei tessuti si potrebbe rallentare il processo di invecchiamento.
Un ruolo fondamentale ce l’hanno i fibroblasti, cellule dotate di un sistema tattile estremamente sviluppato con cui si aggrappano a una foresta di proteine a forma di cavi (o liane) che le circonda, mantenendo l'intero tessuto sotto una salutare, giovanile tensione.
I fibroblasti dei giovani mostrano quindi uno stato biomeccanico ideale che, a livello molecolare, si traduce nell’attivazione di un interruttore genico anti-invecchiamento, chiamato YAP/TAZ. Tra le funzioni anti-invecchiamento di questi interruttori c’è la capacità di preservare l'integrità strutturale del nucleo della cellula, che normalmente tiene il DNA ben confinato al suo interno.
«Abbiamo mimato sperimentalmente la perdita biomeccanica nei tessuti connettivi giovani spegnendo l’interruttore YAP/TAZ, e assistendo così a un invecchiamento accelerato associato alla formazione, attraverso l’involucro nucleare delle cellule, di buchi tali da lasciare esposto il DNA. Questa perdita di integrità genera una condizione di stress e di allarme per le cellule. Essa può essere, per così dire, interpretata dalle cellule stesse come se fosse in atto un’infezione di DNA esterno, ovvero come se si fosse introdotto un virus. Ciò a sua volta innesca l'accensione di un altro interruttore, detto STING. La cellula vecchia, quindi, è di fatto una cellula con un'anormale attivazione di sistemi di allarme, che impongono uno stato infiammatorio cronico, tipico della senescenza cellulare.
Un risultato notevole di questi studi è la dimostrazione che l'invecchiamento potrebbe essere rallentato sia sostenendo le proprietà biomeccaniche dei tessuti, sia bloccando i meccanismi molecolari dell'infiammazione, per esempio con farmaci sperimentali o terapie geniche in grado di interferire con STING», spiega Stefano Piccolo che ha coordinato lo studio.
La scoperta suggerisce un’associazione finora impensata tra l'invecchiamento e la biomeccanica di cellule e tessuti, e apre a nuove prospettive, anche farmacologiche, per rallentare l’invecchiamento e limitare l'incidenza di malattie oncologiche negli anziani.
Lo studio è stato sostenuto da Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro, grazie a contributi “5 per 1000”.