Terapia genica per 8 bambini con sindrome di Hurler: crescono e stanno bene

Malattie rare

Terapia genica per 8 bambini con sindrome di Hurler: crescono e stanno bene

di redazione
Il trattamento è stato messo a punto e infuso al San Raffaele Telethon per la Terapia Genica. È stato corretto il difetto genetico che impediva la produzione di un enzima chiave per la degradazione delle sostanze tossiche. Lo studio sul NEJM

Correggere il difetto genetico e riavviare la produzione dell’enzima mancante che è all’origine della malattia. È quanto promette di fare la nuova terapia genica per la sindrome di Hurler, una malattia genetica rara caratterizzata da anomalie muscolo-scheletriche, rallentamento della crescita e dello sviluppo cognitivo, complicanze cardiovascolari e respiratorie, messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele-Telethon di Milano (SR-Tiget). La sindrome di Hurler, detta anche mucopolisaccaridosi di tipo 1H, è dovuta a un difetto genetico che impedisce la produzione di un enzima che degrada particolari zuccheri, i glicosaminoglicani. L’accumulo di questi zuccheri  danneggia le cellule di diversi organi e generalmente porta alla morte entro i primi dieci anni di vita. 

Con un’incidenza di un caso su 100mila nuovi nati, la sindrome  è considerata una malattia ultra-rara: attualmente nel mondo sono noti solo 400 casi e in Italia 26.

La terapia genica realizzata all’SR-Tiget fornisce una versione corretta delle informazioni genetiche necessarie per produrre l’enzima mancante e ripristinare il corretto smaltimento degli zuccheri. Non si tratta di un farmaco da somministrare in un unico intervento ma di una procedura in più fasi. 

Per prima cosa si prelevano dal paziente stesso le cellule staminali ematopoietiche, quelle che danno origine a globuli rossi e bianchi o alle piastrine. Le cellule prelevate vengono poi corrette geneticamente attraverso un efficace stratagemma: le cellule vengono messe a contatto con un vettore virale, un virus modificato in modo da non essere più capace di replicarsi, ma soltanto di entrare nelle cellule e trasportarvi le informazioni genetiche desiderate. La scelta è ricaduta sul virus dell’HIV che per alcune caratteristiche strutturali è un candidato ideale per il trasporto del materiale genetico. 

Una volta corrette, le cellule staminali vengono reintrodotte nell’organismo dei ai pazienti attraverso una infusione nel sangue in modo tale da poter raggiungere i vari organi. Una volta arrivate a destinazione rilasciano l’enzima funzionante in grado di degradare le sostanze altrimenti tossiche.

La terapia è stata testata con successo su otto bambini con sindrome di Hurler di età inferiore ai 3 anni seguiti per circa due anni. I risultati preliminari della sperimentazione sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine. 

«Gli effetti positivi della terapia genica sul metabolismo di questi bambini si sono visti presto. Le loro cellule hanno iniziato rapidamente a produrre grandi quantità dell’enzima, che ha ripulito organi e tessuti dai metaboliti tossici accumulati. Dal punto di vista clinico abbiamo osservato la progressiva acquisizione di nuove competenze motorie e cognitive tipiche della loro età, oltre a un’ottima crescita in altezza e a una riduzione di altri sintomi tipici della sindrome come rigidità articolare e opacità della cornea. La cautela è d’obbligo: sono passati soltanto due anni dalla terapia, dovremo continuare a osservare questi bambini per verificare che gli effetti positivi continuino nel tempo. Quanto osservato finora, però, ci fa davvero ben sperare», commenta Maria Ester Bernardo, responsabile dell’Unità funzionale di Trapianto del midollo osseo pediatrico dell’Ospedale San Raffaele e tra gli autori principali dello studio.

Questo approccio è frutto di oltre dieci anni di ricerca dell’SR-Tiget culminati  in una precedente esperienza di successo su un’altra malattia genetica dovuta all’accumulo di sostanze tossiche “non smaltite”, la leucodistrofia metacromatica.

«Il nostro “processo” ci ha permesso di aumentare la quantità di enzima funzionante prodotto fino a 50 volte rispetto ai livelli normali. Questo potrebbe potenzialmente rappresentare un ulteriore vantaggio anche rispetto al trapianto di cellule staminali ematopoietiche, che ad oggi è l’unico trattamento che può in parte migliorare l’andamento della malattia, purché fatto precocemente e in presenza di un donatore compatibile. Al momento, però, non abbiamo ancora abbastanza dati in questo senso, serve più tempo», spiega Bernhard Gentner, responsabile dell'unità di ricerca traslazionale sulle cellule staminali e leucemie e primo autore dello studio appena pubblicato.

Lo studio, che ha visto la collaborazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, del Centro Maria Letizia Verga di Monza, dell’Università Bicocca e dell’Ospedale Meyer di Firenze, potrebbe aprire la strada ad altre terapie geniche per malattie simili. 

«Il percorso è ancora lungo ma è incoraggiante che i tempi di sviluppo di queste terapie si stiano accorciando grazie all’esperienza accumulata in questi anni. Si potrà così ampliare l’orizzonte delle malattie trattabili con la terapia genica con cellule del sangue corrette come una “super” “fabbrica” dell’enzima mancante in vari tessuti, replicando così questo approccio ad altre patologie simili che oggi non hanno una cura efficace», conclude Alessandro Aiuti, vicedirettore dell’SR-Tiget, che ha coordinato lo studio.