Tumori del sangue: due proteine proteggono l’intestino dalla complicanza post-trapianto
Due proteine interagendo tra loro innescano un meccanismo protettivo che difende l’intestino dalle conseguenze della più temuta complicanza dal trapianto da donatore di cellule staminali ematopoietiche, la cosiddetta Graft-versus-Host Disease. A scoprirlo sono stati i ricercatori della Fondazione Tettamanti in collaborazione con Sapienza Università di Roma e altri centri di ricerca italiani.
Più specificatamente, gli scienziati hanno osservato che l’interazione tra la proteina chemerina e il suo recettore, CMKLR1, promuove l’azione protettiva dei macrofagi a livello dell’intestino infiammato e danneggiato a causa della GvHD.
Lo studio, condotto su modelli animali e grazie all’osservazione del plasma di 71 pazienti sottoposti a trapianto di cellule staminali, è stato pubblicato The Journal of Clinical Investigation - Insight. I risultati osservati, se confermati in un gruppo più ampio di pazienti, potranno confermare il ruolo del sistema chemerina/CMKLR1 nel controllo dell’infiammazione intestinale.
I ricercatori hanno studiato gli esiti del trapianto allogenico in modelli sperimentali murini. Questo ha permesso di rilevare un marcato aumento della concentrazione di chemerina nel plasma e nei tessuti degli animali che sviluppavano una GvHD acuta.
In un secondo momento, gli autori hanno utilizzato topi geneticamente modificati, privi del recettore CMKLR1 (topi knock out per il gene CMKLR1), come donatori delle cellule per il trapianto allogenico. Gli esperimenti hanno evidenziato che i topi trapiantati con le cellule prive di questo recettore sviluppavano una GvHD più grave e avevano una sopravvivenza ridotta rispetto a quelli trapiantati con cellule normali. La GvHD che si sviluppava nei topi privi di CMKLR1 interessava soprattutto l’intestino ed era caratterizzata da forte infiammazione, distruzione della barriera intestinale con conseguente penetrazione dei batteri della flora intestinale nei tessuti.
Un risultato analogo, si osservava nei topi che non esprimevano il recettore della chemerina in cui i ricercatori hanno indotto lo sviluppo di colite.
La somministrazione di precursori di macrofagi, in grado di esprimere CMKLR1, ha causato la riduzione della gravità della GvHD e dell’infiammazione intestinale ad essa associata.
Infine, gli autori hanno analizzato il plasma di 71 pazienti sottoposti a trapianto allogenico di cellule staminali, rilevando che solo i soggetti che avevano sviluppato la GvHD mostravano un aumento dei livelli circolanti di chemerina. Questo risultato ha quindi evidenziato il ruolo predittivo dei livelli di chemerina per lo sviluppo di GvHD. In altre parole, il riscontro in un paziente di un aumento dei valori di chemerina potrebbe rappresentare per il medico una spia della possibilità che si manifesti GvHD nel paziente, consentendo quindi una diagnosi precoce e un trattamento personalizzato tempestivo.
«Il nostro studio evidenzia, per la prima volta, un coinvolgimento importante dell’asse chemerina/ CMKLR1 nella modulazione dell’infiammazione che accompagna la GvHD intestinale e l’importante ruolo protettivo svolto dai macrofagi attraverso l’espressione del recettore CMKLR1. La nostra scoperta evidenzia l’importanza del sistema chemerina/CMKLR1 come possibile meccanismo da sfruttare terapeuticamente per incrementare la presenza di macrofagi, con azione protettiva, nell’intestino, al fine di ridurre il danno intestinale e proteggere i pazienti dalla GvHD. Inoltre, abbiamo dimostrato come l’aumento della concentrazione ematica di chemerina nei pazienti trapiantati, preceda la comparsa della GVHD. Chemerina potrebbe quindi fungere da precoce biomarcatore predittivo dell’insorgenza di questa complicanza, permettendo l’inizio tempestivo di una terapia personalizzata», spiega , spiega Giovanna D’Amico, ricercatrice della Fondazione Tettamanti e ultimo autore dello studio.