Usare i virus contro i batteri per combattere colite ulcerosa e morbo di Crohn

La strategia

Usare i virus contro i batteri per combattere colite ulcerosa e morbo di Crohn

Phage.jpg

Immagine: Professor Graham Beards, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
di redazione
Ricercatori del Weizmann Institute of Science in Israele hanno individuato un cocktail di 5 virus batteriofagi che possono sconfiggere le infiammazioni intestinali provocate da Klebsiella pneumoniae senza usare antibiotici. I virus attaccano solo i batteri coinvolti nell’infiammazione

Usare i virus contro i batteri dell’intestino responsabili delle infiammazioni. La strategia proposta dal Weizmann Institute of Science più che a una guerra tra microbi somiglia a un’operazione militare indirizzata contro obiettivi precisi. I virus speciali reclutati per la missione sono del tipo dei batteriofagi, facili da trovare perché sono presenti in ogni ambiente frequente da batteri, compreso l’intestino. Ce ne sono diversi, ognuno specializzato nel combattere specifici batteri. 

Nella metafora bellica i batteriofagi sono dei droni programmati per eliminare solo ed esclusivamente i batteri “nemici”. Queste armi di precisione agiscono facendo quello che sanno fare meglio:  infettare i microrganismi bersaglio. Lo studio pubblicato su Cell potrebbe inaugurare un nuovo approccio terapeutico senza il ricorso agli antibiotici per le malattie infiammatorie intestinali per le quali non esiste una vera e propria cura, come il morbo di Crohn e la colite ulcerosa. Il lavoro del Weizmann Institute riprende un filone di ricerca che risale agli inizi del Novecento quando gli antibiotici non esistevano ancora e i virus che infettano i batteri sembravano una promettente risorsa contro le infezioni batteriche. Con la scoperta degli antibiotici, poi, l’ipotesi delle terapie a base di batteriofagi era stata abbandonata.  Ora il team del Weizmann la ripropone potendo contare sui progressi delle tecnologie per la modifica del microbioma ottenuti nel frattempo. Gli scienziati sono partiti cercando di individuare i i ceppi dei batteri coinvolti nelle infiammazioni intestinali e per farlo hanno messo a confronto la composizione del microbioma di persone sane con quella di persone affette da colite ulcerosa e morbo di Crohn. Dal confronto sono emersi ceppi batterici assenti negli individui sani e presenti in quantità elevate nelle persone malate, in particolare in quelle con sintomi gravi. 

I partecipanti allo studio sono stati reclutati da quattro Paesi in diverse parti del mondo, Francia, Germania, Israele e Stati Uniti, per fare in modo che i risultati fossero validi indipendentemente dalle aree di provenienza. 

I primi sospetti si sono concentrati su diversi diversi ceppi del batterio Klebsiella. La conferma che si trattava della pista giusta è arrivata da un esperimento chiarificatore sui topi: i ricercatori hanno impiantato nell’intestino degli animali i ceppi umani di Klebsiella pneumoniae associati alle malattie infiammatorie intestinali osservando che gli animali sani sviluppavano l’infiammazione e quelli con l’infiammazione peggioravano le loro condizioni. 

La seconda fase della ricerca è stata dedicata a selezionare i virus batteriofagi più efficaci contro i batteri coinvolti nelle infiammazioni intestinali. Ne sono stati selezionati 40. Ma non sarebbe stato sufficiente introdurli nell’intestino lasciandoli liberi di agire in maniera naturale perché i batteri attaccati avrebbero sviluppato resistenza. 

Per questo gli scienziati, sfruttando le più recenti conoscenze di biologia molecolare, hanno cercato la combinazione ideale di bartteriofagi che impedisse ai batteri di sviluppare la resistenza. Così è stato selezionato un cocktail di 5 virus sulla base dei profili genetici, delle caratteristiche strutturali rivelate attraverso la microscopia elettronica e delle modalità di azione contro una varietà di ceppi di Klebsiella pneumoniae, compresi quelli resistenti agli antibiotici. Presi insieme, questi 5 batteriofagi hanno impedito l'emergere di mutazioni nei batteri che potrebbero diffondere la resistenza.

In esperimenti di laboratorio, il cocktail si è rivelato efficace nell'uccidere Klebsiella pneumoniae proveniente da pazienti con malattia infiammatoria intestinale. In uno studio successivo sui topi, il cocktail ha ridotto significativamente l'infiammazione intestinale e il danno ai tessuti causato da questi ceppi batterici, nonché la mortalità dovuta alla malattia infiammatoria. 

Infine,  in uno studio clinico di Fase I con 18 volontari sani, i batteriofagi sono risultati ben tollerati, si sono moltiplicati nell'intestino umano senza causare cambiamenti indesiderati sui microbi intestinali che non rientravano nei bersagli terapeutici. 

Se il cocktail di virus si dovesse rivelare sicuro ed efficace in studi clinici più ampi, potrebbe diventare un punto di partenza per lo sviluppo di nuove terapie non solo per le malattie infiammatorie intestinali, ma anche per altri disturbi innescati dai microbi intestinali, tra cui obesità, diabete, malattie neurodegenerative e forse anche il cancro.

«Esistono migliaia di betteriofagi diversi e il loro grande vantaggio è che ognuno di essi è specializzato nell'attaccare un diverso tipo di batteri. Questo ci ha permesso di sfruttare i fagi per colpire solo quei batteri intestinali che contribuiscono alla malattia. A nostra conoscenza, si tratta del primo approccio che promette una precisa soppressione dei microbi intestinali che causano malattie, senza danneggiare il microbioma circostante», ha dichiarato Eran Elinav del Dipartimento di immunologia dei sistemi del Weizmann Institute che ha guidato il team di ricerca.