A 35 anni dal primo trapianto da sangue cordonale, in Italia sono ancora poche le donazioni
Il 6 ottobre 1988 veniva eseguito a Parigi il primo trapianto di cellule staminali provenienti da cordone ombelicale in un bambino americano di cinque anni, Matthew Farrow, che soffriva di anemia di Fanconi. Fu un traguardo così importante da venire celebrato ogni anno in occasione della Giornata mondiale del cordone ombelicale, che venne istituita a partire dal 2017 il 15 novembre.
Da quel 6 ottobre, in tutto il mondo sono stati effettuati oltre 40 mila trapianti di cellule staminali provenienti da sangue cordonale, il cui impiego ha cambiato il corso di oltre 80 malattie tra cui leucemie e linfomi, anemie e malfunzionamenti del sistema immunitario. In Italia, però, nel 2022, sono state poco meno di 7 mila le unità di sangue cordonale donate, di cui meno di 400 sono state conservate in una banca pubblica.
Se ne è parlato venerdì 17 novembre durante l’incontro “La rivoluzione delle cellule staminali cordonali: 35 anni dopo”, realizzato con il contributo di Sorgente, gruppo FamiCord, che ha visto la partecipazione dello stesso Farrow, oggi quarantenne, e di esperti del settore.
La diagnosi di anemia di Fanconi, ricorda Farrow, «è arrivata quando avevo all’incirca due anni e mezzo di età. All’epoca chi soffriva di questa malattia, non aveva speranza di superare la prima decade di vita senza un trapianto di midollo osseo. Sfortunatamente per me, non avevo in famiglia un donatore compatibile, finché i miei genitori non decisero di provare ad avere un terzo figlio. Mentre mia madre era incinta di mia sorella minore, Alison, si scoprì non solo che quest’ultima non era portatrice della malattia, ma anche che avrebbe potuto essere un donatore perfettamente compatibile con me. Ma, una volta raggiunta un’età consona per il trapianto, sarebbe stato probabilmente troppo tardi». Il team di ricercatori diretto dal dottor Hal Broxmeyer propose allora di utilizzare il sangue cordonale. A febbraio del 1988 Alison nacque e il suo sangue cordonale venne raccolto, processato e criopreservato: «Dopo dieci mesi, all’età di cinque anni, mi venne infuso il sangue cordonale di mia sorella minore dandomi così una seconda chance di vivere».
Quando il cordone ombelicale viene tagliato dopo la nascita nei vasi della placenta e nel cordone reciso rimane del sangue ricco di cellule staminali emopoietiche come quelle che si trovano nel midollo osseo.
«Si tratta di un’ottima risorsa alternativa per tutti quei pazienti che non trovano un donatore compatibile. Infatti – spiega Carolina Fossati, ematologa e socio fondatore della Accademia di medicina rigenerativa (Abri) - le unità di sangue cordonale donate sono disponibili a priori nelle banche nazionali e quindi utilizzabili prontamente in caso di trapianto urgente. Ma non solo: le cellule staminali cordonali – aggiunge - presentano dei vantaggi rispetto alle cellule staminali provenienti da midollo osseo o da sangue periferico in quanto il sistema immunitario dei neonati non è ancora perfettamente sviluppato, le cellule sono più giovani, hanno una maggior capacità di autorinnovamento e differenziamento, sono maggiormente compatibili e a minor rischio di rigetto. Pertanto il sangue cordonale può essere trapiantato anche in caso di non perfetta compatibilità tra ricevente e donatore, cosa invece impossibile nel caso di cellule staminali provenienti da un adulto».
Sono ancora poche le coppie italiane che decidono di donare il sangue cordonale o di conservarlo a livello familiare a scopi preventivi. Secondo un’indagine effettuata dal Centro nazionale sangue nel 2022, su quasi 250 mila parti avvenuti in strutture attrezzate per la raccolta, le donazioni sono state poco meno di 7 mila e solo il 5 per cento dei materiali donati viene conservato in una banca pubblica.
«La raccolta del sangue del cordone ombelicale – assicura Irene Martini, direttrice scientifica di Sorgente, Gruppo FamiCord - è una procedura sicura, priva di rischi sia per la mamma sia per il bambino. Una volta che il cordone ombelicale viene tagliato, viene prelevato il sangue dalla parte del cordone ombelicale collegata alla placenta, senza arrecare quindi alcun danno o disturbo al neonato».
In Italia non è consentita la raccolta e la conservazione del sangue cordonale per i propri congiunti presso strutture pubbliche, tranne in caso di patologie, tra i consanguinei del nascituro, per cui è riconosciuto clinicamente valido e appropriato l’utilizzo terapeutico delle cellule staminali del sangue da cordone ombelicale. È solo permesso invece il cosiddetto uso altruistico, che però nel 95 per cento dei casi non va a buon fine non consentendo l’effettiva conservazione del campione nelle banche pubbliche. Per poter conservare il cordone ombelicale, rendendolo disponibile solo per la propria famiglia è necessario rivolgersi a strutture private.
Sorgente è la più grande banca di cellule staminali in Europa e la terza al mondo quanto a campioni biologici conservati (circa 800 mila) e si pone «come alternativa ai circa 390 mila campioni di staminali che ogni anno vengono gettati nei rifiuti biologici per i motivi più disparati e di cui quasi nessuno parla» dice Roberto Marani, amministratore delegato di Sorgente. Gettare le staminali del cordone significa «privarsi di una risorsa in più nella tutela della salute. Proprio per questo, abbiamo lanciato il “Donation Program” – prosegue - grazie al quale offriamo alle famiglie con un bambino che abbia una malattia in cui le cellule staminali cordonali rappresentano un’opportunità terapeutica, la possibilità di raccogliere e conservare gratuitamente il sangue cordonale alla nascita di un fratello o di una sorella e di utilizzarlo per la cura».