Artriti: un paziente su tre non segue correttamente le terapie
Temono gli effetti collaterali e sono convinti che le modifiche alla terapia non abbiano effetti sull’evoluzione della malattia. Per questo il 30 per cento dei pazienti con artrite reumatoide e il 40 per cento di quelli con artrite psoriasica non seguono correttamente le indicazioni terapeutiche, riducendo le possibilità di tenere la malattia sotto controllo e aumentando il rischio di andare incontro a disabilità. La mancata aderenza inoltre ha come conseguenza indiretta l’aumento dei costi sanitari della patologia. È uno dei temi affrontati in occasione del congresso dell’EULAR, European Alliance of Associations for Rheumatology, svoltosi a Milano alla presenza di oltre 12.500 reumatologi da tutto il continente.
«Per prevenire l’evoluzione dell’artrite verso la distruzione articolare e la disabilità che ne consegue, il target terapeutico è l’ottenimento rapido della remissione o, quanto meno, di una bassa attività di malattia. È importante ricordare che queste patologie, se attive, causano abitualmente anche un impegno d’organo, con coinvolgimento degli apparati cardiovascolare, polmonare e gastrointestinale, oltre che di cute o occhio, solo per citare alcuni esempi. Un ruolo significativo nella comunicazione con il paziente può essere svolto dalle infermiere dedicate e dai professionisti della salute, perché possano, anche loro, far comprendere le indicazioni e i limiti delle diverse terapie», ha dichiarato Annamaria Iagnocco, past President EULAR.
Al centro del dibattito in ambito reumatologico c’è anche il posizionamento dei nuovi farmaci Jak inibitori, modificato a seguito dello studio Oral-Balance pubblicato sul New England Journal of Medicine lo scorso anno che ne ha messo in dubbio la tollerabilità. «Indicati per il trattamento dell’artrite reumatoide, in alcuni casi di artrite psoriasica e spondiloartriti e anche per malattie non reumatiche infiammatorie intestinali e dermatite atopica, questi farmaci si sono dimostrati molto efficaci, ma dallo studio è emerso un aumento del rischio cardiovascolare. Una nota dell’AIFA ne ha quindi limitato l’uso ai soli pazienti che non abbiano problemi cardiovascolari e per i refrattari a tutti gli altri farmaci. In realtà, i dati emersi dalla pratica clinica e dagli studi real life americani ed europei è che questo aumentato rischio non sia evidente, se non in persone con pregresse patologie o in età molto avanzata. Si tratta di farmaci innovativi, il cui utilizzo, nei tempi e modi corretti, può migliorare significativamente la qualità di vita dei pazienti», spiega Carlomaurizio Montecucco, presidente FIRA.
L’elevato livello della ricerca scientifica, quella italiana in primis, permette un costante miglioramento delle terapie e dei loro livelli di tolleranza, con aumento della qualità di vita dei pazienti e diminuzione delle disabilità connesse alle patologie.
«Se non è possibile guarire una malattia cronica siamo però in grado di bloccarne l’attività, grazie a molteplici soluzioni in grado di ottenere risposta da pazienti con svariate caratteristiche. Ovviamente, però, i farmaci devono essere assunti regolarmente e secondo le indicazioni del proprio medico. Il nostro impegno oggi, soprattutto rispetto a malattie infiammatorie come le artriti, che colpiscono ben 5 milioni persone, è proprio verso una maggiore consapevolezza del paziente riguardo l’importanza di assumere correttamente i farmaci. Un aiuto significativo può arrivare dai lay summaries, riassunti ‘laici’ sulle indicazioni di utilizzo dei farmaci rivolti ai non addetti ai lavori, strumenti utili per l’accompagnamento del paziente nella terapia», conclude Gian Domenico Sebastiani, presidente SIR.