Assistenza e PNRR a rischio: mancano 60 mila infermieri

L'allarme

Assistenza e PNRR a rischio: mancano 60 mila infermieri

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Immagine: Presidencia de la República Mexicana, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Seimila in Sicilia, altrettanti in Campania; settemila nel Lazio; quattromila in Emilia-Romagna e in Veneto; duemila in Liguria e Calabria. Addirittura novemila in Lombardia. 

È il lungo elenco delle carenze di infermieri che infesta l’Italia. In totale oltre 60 mila professionisti in meno che mancano come il pane, secondo la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI). E senza i quali è a rischio l’assistenza, ma anche l’applicazione del PNRR che punta tutto sull’assistenza territoriale.

In Italia il il rapporto infermieri-abitanti è di 5,5-5,6 infermieri ogni mille abitanti, uno dei più bassi d’Europa mentre il rapporto infermieri-medici, che dovrebbe essere secondo standard internazionali  1:3 , è inferiore di 1:1,5, chiarisce la Fnopi che riporta dati Ocse.

La necessità di più infermieri è stata messa in evidenza anche da numerosi centri di ricerca.

Il Censis ha quantificato la carenza rapportando per l’Italia la presenza di infermieri a quella dell’Emilia-Romagna, considerata Regione Benchmark, in 57.000 unità e ha considerato che se il confronto dovesse avvenire con altri partner europei, come ad esempio il Regno Unito - che fa tra l’altro continua richiesta di infermieri italiani - la carenza salirebbe a quasi 300.000 unità.

Secondo il Rapporto Crea Sanità dell’Università di Tor Vergata, la carenza in base ai parametri europei sarebbe di almeno 162.972 infermieri se rapportati al complesso della popolazione e 272.811 se rapportati alla popolazione ultra 75enne, che è quella di riferimento soprattutto sul territorio.

E secondo il concetto di staffing, il rapporto cioè tra infermieri e numero di pazienti assistiti che secondo i parametri medi nazionali e internazionali dovrebbe essere di un infermiere ogni 6 pazienti (ogni due nei servizi come pediatrie o terapie intensive e così via), mentre si assesta da anni a una media di 9,5 pazienti per infermiere con punte in alcune Regioni fino a 17-18 pazienti per infermiere.

Fonte: Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche

Sulla base di questi numeri la FNOPI ha messo a punto alcune proposte per ovviare alla carenza sia in una prospettiva di breve termine sia di lungo termine. 

A breve termine – perché il problema è ora così come ora deve partire l’applicazione del PNRR – c’è ad esempio il superamento del vincolo di esclusività che oggi lega l’infermiere nel rapporto di lavoro con il servizio sanitario pubblico e la possibilità di esercizio libero professionale a supporto delle strutture sociosanitarie territoriali. Poi possono essere previsti progetti finalizzati a garantire il supporto in termini di prestazioni di assistenza infermieristica da parte delle Aziende Sanitarie alle strutture residenziali territoriali, con attività svolta al di fuori dell’orario di servizio e remunerata a parte. Altra norma da rivedere è quella di percorsi di incentivazione per “distacchi” o “comandi” dall’azienda sanitaria ospedaliera verso le strutture sociosanitarie territoriali, favorendo il riavvicinamento territoriale del dipendente considerata la residenza. E infine favorire l’accreditamento delle strutture sociosanitarie quali sedi di tirocinio dei corsi di laurea in infermieristica per potenziare le possibilità di svolgimento di tirocini curricolari da parte degli studenti del triennio quale strumento per lo sviluppo culturale in tale setting.

A medio termine si dovrebbero ridefinire le regole di accreditamento delle strutture in relazione all’evoluzione dei bisogni dei cittadini; valorizzare la professione infermieristica nelle strutture socio sanitarie territoriali; Prevedendo uno sviluppo in chiave clinica per attualizzare la necessaria maggiore pertinenza alla complessità e tipologia assistenziale di carriera e sotto il profilo gestionale; adeguare i contingenti forativi e valorizzare le competenze economicamente e sotto l’aspetto della responsabilità e dell’autonomia.

Infine, a lungo termine poi si dovrebbe favore il rientro degli infermieri italiani emigrati all’estero con incentivi in termini contrattuali ed economici. Attualmente si calcola che lavorino all’estero circa 20.000 infermieri italiani.