Così Covid-19 non sarà più una minaccia di salute pubblica. Più di 350 esperti di 100 Paesi concordano sugli interventi prioritari

Il documento di consenso

Così Covid-19 non sarà più una minaccia di salute pubblica. Più di 350 esperti di 100 Paesi concordano sugli interventi prioritari

Un nuovo documento frutto del lavoro di 350esperti di 100 Paesi nel mondo indica gli interventi necessari per fare in modo che Covid-19 smetta di essere una minaccia per la salute pubblica. Puntando sul coordinamento delle iniziative, sui vaccini e sulla comunicazione efficace

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Immagine: Bernard Bodo, EXIT photo team, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Oramai è certo. Il miglior finale della pandemia può essere uno solo:  Covid-19 che, pur restando in scena, smette di essere una minaccia per la salute pubblica. Non ci sarà alcuna pietra tombale sotto la quale seppellire per sempre l’ultimo esemplare di Sars-Cov-2 rimasto in circolazione. Il “nuovo” coronavirus resterà tra noi, ma si può fare in modo che resti sotto controllo. 

La strada che porta a questo traguardo è stata indicata da 350 esperti di più di 100 Paesi che su Nature propongono una strategia condivisa per arrivare all’unica fine possibile della pandemia, una gestione controllata del virus. Il documento di consensus redatto sotto la guida del Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal) è stato già adottato nel mondo da 180 organizzazioni di 72 Paesi. 

La lista finale delle azioni da intraprendere è stata ottenuta ricorrendo alla tecnica di problem solving chiamata “metodo Delphi” che prevede una scrematura delle diverse proposte in più tappe.  Il panel di esperti ha indicato una prima lista di interventi necessari per ridurre i rischi della pandemia che poi è stata sottoposta a due successive votazioni. Il risultato è un elenco di 41 dichiarazioni e 57 raccomandazioni in sei aree chiave per la gestione dell’emergenza sanitaria: la comunicazione, il sistema sanitario, la vaccinazione, la prevenzione, i trattamenti e le diseguaglianze. 

Tra le raccomandazioni, tre sono state le più votate: adottare una strategia che coinvolga il maggior numero di settori per evitare sforzi frammentati, coinvolgere tutto il governo coordinando gli interventi tra i ministeri per valutare la tenuta dei sistemi sanitari nel rispondere ai bisogni della popolazione e, infine, puntare su una combinazione di strumenti come i vaccini anti Covid-19, le misure di prevenzione strutturale e comportamentale, le terapie e le misure di sostegno finanziario. 

Altre strategie di intervento sono state votate quasi all’unanimità. E tra queste la necessità di adottare una comunicazione efficace che sia capace di infondere tra la popolazione fiducia nelle istituzioni e che coinvolga la comunità nella risposta alla pandemia.  

Sono solo sei le raccomandazioni che hanno avuto oltre il 5 per cento di disaccordo, tra cui l’aumento degli incentivi economici per affrontare la resistenza alla vaccinazione o il ricorso all’analisi dei sintomi per diagnosticare il Covid in contesti con scarso accesso ai test.

Le 57 raccomandazioni sono indirizzate a governi, sistemi sanitari, mondo dell’industria e altri settori chiave. «Al massimo livello possibile, i nostri risultati pongono l'accento sulle raccomandazioni di politica sociale e sanitaria che possono essere attuate in mesi, non anni, per contribuire a porre fine a questa minaccia per la salute pubblica», afferma Quique Bassat, dell’ISGlobal, co-autore dello studio e membro dell'Università di Barcellona.

Il nuovo documento di consensus si inserisce nella scia di alcune iniziative precedenti di tenore simile, come quelle dell’Independent Panel for Pandemic Preparedness and Response e  la Strategic Preparedness dell’OMS. 

«Ciò che rende unico questo lavoro è il gran numero di esperti consultati, con un’ampia rappresentanza dei Paesi e il disegno dello studio, che rafforza il consenso e identifica le aree di disaccordo. Potrebbe rivelarsi un modello per lo sviluppo di risposte alle future emergenze sanitarie globali», ha dichiarato Jeffrey Lazarus, professore associato all'Università di Barcellona e coordinatore dello studio.