Tra diseguaglianze e innovazione. Il caso delle malattie oculari che rischiano di rimane fuori dal Pnrr

L’allarme

Tra diseguaglianze e innovazione. Il caso delle malattie oculari che rischiano di rimane fuori dal Pnrr

Colpiscono oltre 6 milioni di persone, si prestano a processi di innovazione potenzialmente rivoluzionari. Eppure potrebbero non beneficiare del Piano di ripresa e resilienza

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Immagine: National Eye Institute, National Institutes of Health, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione

Un’occasione epocale sprecata. Che avrebbe consentito di sanare diseguaglianze storiche tra i cittadini, ridisegnare un settore sanitario altamente innovativo con un impatto enorme sia sulla salute sia sulla società più in generale.

È questo la sorte in cui rischia di imbattersi il campo delle malattie oculari che, a oggi, sembra uno dei pochi che beneficerà delle ricadute del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Un campo enorme, se si considera che sono circa sei milioni gli italiani colpiti dalle principali malattie oculari: glaucoma, retinopatia diabetica e maculopatie.

A lanciare l’allarme è l’Alleanza per l’Equità di accesso alle cure per le malattie oculari, network promosso dalla rivista di politica sanitaria Italian Health Policy Brief (IHPB) a cui aderiscono sette organizzazioni civiche, forti anche del supporto dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità - Iapb Italia Onlus: l’Associazione nazionale pazienti per il glaucoma (Anpig), l’Associazione pro retinopatici e ipovedenti (Apri onlus), il Comitato macula, Cittadinanzattiva, Diabete Italia, l’Associazione italiana diabetici (Fand) e la Federazione italiana malattie rare (Uniamo Fimr onlus).

«Il Pnrr non prende in considerazione l’oftalmologia e questo farà venir meno tutti i presupposti fondamentali per quell’ampio ridisegno organizzativo, basato sulla digitalizzazione e sul largo impiego della telemedicina: strumenti fondamentali per il superamento delle molte inefficienze e delle troppe disomogeneità assistenziali sul territorio che compromettono gravemente il livello delle risposte sanitarie per le malattie oculari: dalla prevenzione alla diagnostica alle terapie», dice Teresa Petrangolini, portavoce dell’Alleanza. Diseguaglianze territoriali, ritardi nell’accesso alla diagnosi e alle terapie, una grande componente di spesa privata. Sono solo alcuni dei nodi che rischiano di venire perpetuati senza interventi di sistema: «Non vogliamo più che persone con maculopatia o con altre malattie oculari non si curino e si trovino in difficoltà perché una data Regione non ci sono i servizi e non ha i soldi per cercare vie alternative. Queste cose in un Paese che assicura la salute a tutti non possono succedere».

Colmare le lacune del passato, tuttavia, è solo una parte della sfida che attende l’oftalmologia. Un’altra parte è cogliere le opportunità per il futuro e attraverso queste garantire cure migliori e per tutti i cittadini. «Oggi i pazienti dovrebbero essere assistiti secondo nuovi modelli frutto di una reingegnerizzazione dell’intero sistema assistenziale; un sistema che poggi su nuovi modelli organizzativi e di accesso alle cure, oltre che su nuove risorse tecnologiche che solo il sostegno del Pnrr potrebbe rendere realisticamente disponibili» aggiunge Marco Verolino, responsabile dell’Oculistica dell’Area vesuviana e consulente scientifico dell’intergruppo parlamentare Tutela della vista. «La tecnologia applicata e l’innovazione digitale dei processi sanitari sono un passaggio fondamentale per migliorare il rapporto costo-qualità dei servizi sanitari, limitare sprechi e inefficienze, creare una maggiore interazione tra paziente e strutture sanitarie, agevolare le procedure amministrative, ridurre le differenze tra i territori, gestire in sicurezza le persone». 

Le infrastrutture, dunque, senza le quali è impossibile garantire cure di qualità a tutti i cittadini. «È fondamentale disporre di una piattaforma informatica gestionale unica, un registro nazionale, capace di offrire e rendere consultabili in tempo reale dati, informazioni, notizie su trattamenti pregressi, fino alle necessità assistenziali dei singoli pazienti. Un insieme di informazioni che consentirebbero davvero di raggiungere quell’equità di accesso alle cure ancora così lontana» dice Verolino secondo cui, in questo, l’oculistica parte da una posizione di vantaggio rispetto ad altre branche della medicina: «Qualunque dato, qualunque diagnosi, qualunque misurazione noi facciamo può essere immagazzinata ed essere messa a disposizione su una Rete». 

La sfida, tuttavia, parte dal territorio e dalla quotidianità dei malati che troppo spesso si scontrano con ritardi e inefficienze che, negli ultimi due anni, la pandemia da Covid-19 ha contribuito ad acuire. 

«Purtroppo manca ancora una oftalmologia territoriale “forte” e tecnologicamente ben attrezzata, basata anche su centri di differenziata gestione territoriale, che consenta ai pazienti di evitare, insieme al triste fenomeno del turismo sanitario, liste d’attesa bibliche e la triste esperienza di essere spesso rimbalzati tra diversi specialisti, con la conseguenza di un allungamento dei tempi prima di poter accedere ad una efficace scelta terapeutica e bloccare l’evoluzione delle patologie» dice Edoardo Midena, segretario generale della Società italiana della retina.

Non meno importante la diagnosi precoce, un aspetto che sembra ignorato dal servizio sanitario, ma che può fare la differenza nel decorso di molte malattie della vista e nella qualità di vita dei malati. 

Da questo punto di vista, è andata avanti nonostante le difficoltà legate alla pandemia la campagna itinerante di prevenzione Vista in salute che, grazie ad un finanziamento triennale della Legge di Bilancio 2019 e con il patrocinio del ministero della Salute e dell’Istituto superiore di sanità, sta svolgendo un’attività di screening nelle principali città delle Regioni italiane con l’ausilio di una struttura mobile dotata di strumenti diagnostici ad alta tecnologia.

«A oggi il progetto ha toccato 13 Regioni italiane in 35 città realizzando 5.400 screening» ricorda Mario Barbuto, presidente di Iapb Italia Onlus. «I dati complessivi saranno presto disponibili, ma un primo elemento fa riflettere: nella sola popolazione di Lombardia, Abruzzo e Campania che si è sottoposta agli esami diagnostici presso la nostra struttura mobile, mirati principalmente alla ricerca del glaucoma, della retinopatia diabetica e delle maculopatie, sono stati rilevati segni di malattia in atto o sospetta o, ancora, di premonizione di malattia nel 40 % circa delle persone. Una percentuale elevata e preoccupante, questa che, anche se parziale e preliminare, ci fa comprendere quanto diffuse siano le minacce che gravano sulla vista degli italiani e delle quali non abbiamo troppo spesso consapevolezza».

Da questo nasce la preoccupazione degli esperti e l’appello affinché il Pnrr diventi anche per il mondo delle malattie della vista un’opportunità.

«La pandemia ha fatto comprendere come la filiera della sanità sia centrale perché il Paese abbia un profilo di qualità e stabilità. Ci siamo accorti che servono strutture vicine, capaci di accogliere la domanda di salute che emerge dai territori, specie nelle aree più periferiche. Una medicina di prossimità più efficiente, ma che sia collegata con i grandi centri. E l’oftalmologia non si può sottrarsi a questo diritto» sostiene Paolo Russo, presidente dell’Intergruppo parlamentare tutela della vista. «Noi faremo la mostra parte. È fondamentale che siano identificate, all’interno del Pnrr e delle prossime Leggi di Bilancio, quelle risorse che consentano di rendere disponibile quella economica massa critica capace di tradurre in concreto quel rivoluzionario processo di riorganizzazione del sistema assistenziale oftalmologico basato sull’apporto centrale della digitalizzazione e, più in generale, delle nuove tecnologie, le uniche in grado di creare i presupposti per una vera democrazia delle cure».