Emofilia, nei dati la chiave per offrire le migliori cure ai pazienti
L’emofilia è tra le malattie rare è uno delle più frequenti, colpendo circa 4 mila persone in Italia. Negli anni è stata investita da innovazioni progressive, che hanno reso meno gravosa la convivenza con la malattia. Tuttavia, ancora molto si può fare. In particolare, sfruttando al meglio i dati dei pazienti si potrebbe riuscire a migliorare l’assistenza, a incrementare le conoscenze sulla malattia e migliorare la gestione da parte del servizio sanitario. È questo il tema lanciato da FedEmo in occasione della XX Giornata Mondiale dell’Emofilia, che si celebra in tutto il mondo il 17 aprile, nell’ambito del convegno “Io conto! MEC: il registro di patologia e i dati sanitari, fondamentali strumenti di conoscenza e programmazione”.
Quando l’emorragia non si arresta
L’emofilia è una patologia genetica caratterizzata dall’incapacità di produrre l’adeguato livello di alcuni fattori di coagulazione. La persona colpita non riesce così a adeguatamente il sangue e una semplice emorragia può diventare un evento estremamente pericoloso. Se in un individuo sano la fuoriuscita di sangue dai vasi sanguigni si arresta rapidamente, chi è colpito da emofilia, invece, è soggetto a numerose emorragie, anche spontanee, dovute a un deficit delle proteine coinvolte nel processo della coagulazione.
Sono due i tipi di emofilia, A e B. L’emofilia A è la forma più comune ed è dovuta ad una carenza del fattore VIII della coagulazione; si registra in un caso ogni 10.000 maschi. L’emofilia B, definita anche malattia di Christmas - dal nome della famiglia nella quale è stata identificata per la prima volta - è provocata dalla carenza del fattore IX della coagulazione. L’incidenza è di un caso ogni 30.000 maschi.
Entrambe le forme possono esistere in forme lievi, moderate o gravi in funzione della della percentuale di fattore coagulante presente.
«Negli ultimi anni ci sono stati notevoli miglioramenti dal punto di vista terapeutico. Siamo passati dall’avere negli anni Novanta i primi concentrati ricombinanti, all’arrivare alle nuove molecole ad emivita estesa e poi alle terapie non sostitutive, che fanno il modo che il paziente possa avere un’emostasi sufficiente a prevenire la gran parte delle emorragie», spiega Rita Carlotta Santoro, presidente dell’Associazione Italiana Centri Emofilia (Aice). «La grossa novità è che da pochissimo è stata approvata la terapia genica, per il momento per l’emofilia A ma seguirà anche quella per l’emofilia B».
Più dati per una migliore assistenza
Se questo è lo scenario terapeutico, ne esiste un altro, parallelo che molto potrebbe fare per la qualità dell’assistenza.
«Come FedEmo rivolgiamo un appello urgente alle Istituzioni affinché si attivino, ciascuna all’interno della propria specifica sfera di competenza per far sì che i dati sanitari dei pazienti italiani affetti da malattie emorragiche congenite (Mec), raccolti dai numerosi Centri di cura del Paese, possano confluire in maniera fluida e completa nel registro di patologia delle Mec detenuto dall’Istituto Superiore di Sanità», afferma la presidente di FedEmo Cristina Cassone.
Dal 2017, infatti, all’Istituto Superiore di Sanità esiste un registro dedicato malattie emorragiche congenite. «Finora la rispondenza dei Centri per la diagnosi e cura dell’emofilia è stata buona anche se ultimamente c’è stata una leggera flessione nelle percentuali di copertura di alcune Regioni», sottolinea Romano Arcieri primo ricercatore dell’Iss.
Uno strumento da migliorare
Il registro, tuttavia, è lontano dall’essere perfetto. Decreti e procedure regionali particolarmente rigide, una scarsa ottimizzazione e uniformità dei sistemi informatici coinvolti nel processo rendono ancora poco fluida e incompleta la raccolta dei dati.
«Allo stato attuale i dati dei pazienti vengono trasmessi all’Iss, in forma anonima, a seguito della richiesta, da parte dell’Iss, che avviene con cadenza annuale sia per quanto riguarda i dati epidemiologici che quelli di trattamento», illustra Rita Carlotta Santoro. «L’invio dei dati avviene dai singoli Centri Emofilia, ma non da tutti, verso l’Iss. In alcuni casi vengono inviati dalle Regioni, ma anche in questo caso non da tutte. Ci sono ad esempio regioni che, pur avendo ottimi registri di patologia, non inviano i dati all’ISS. Il problema è che essendoci modalità diverse di invio dei dati, non costanti e non uniformi, molti dati vanno dispersi».
Si sta lavorando a una soluzione del problema. «Negli ultimi mesi l’Iss si è attivato, con la collaborazione dell’Aics, per prendere in carico un nuovo applicativo, ideato appositamente per la raccolta dei dati sulle Mec, da mettere a disposizione dei Centri e delle Regioni. Questo passaggio non si è ancora concluso ma confidiamo di portalo a termine in breve tempo», aggiunge Arcieri.
Le associazioni, ora, chiedono di accelerare questo processo. «Chiediamo che i nostri dati vengano raccolti e gestiti nella maniera adeguata perché si possa fare programmazione sanitaria seria e investire in questo patologia», conclude Cassone.