Un giovane su quattro con malattia di Chron si dichiara vittima di stigma. Forte anche il disagio nutrizionale
Per un giovane con la malattia di Crohn il cibo diventa fonte di stress in famiglia (sei casi su dieci), causa situazioni spiacevoli con gli amici (circa uno su due), complica la scuola (otto su dieci). Così questa malattia cronica dell'intestino, che solo in Italia colpisce circa 150 mila persone, alimenta il disagio nutrizionale dei pazienti che, soprattutto in età pediatrica e durante l'adolescenza, soffrono una vita sociale limitata (71%) e si sentono emarginati dai propri coetanei (41%).
È il quadro che emerge dall'indagine del centro EngageMinds HUB dell'Università Cattolica, della campagna sociale "Crohnviviamo - Storie di giovani che la malattia di Crohn non può fermare", promossa da Nestlé Health Science in collaborazione con l’associazione Amici Onlus. Lo studio, condotto su pazienti, genitori e gastroenterologi per un totale di 1.104 risposte valide, è stato presentato venerdì 14 maggio, in vista della Giornata mondiale delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino (Mici) del 19 maggio e mette in luce il forte impatto dell'alimentazione sulla qualità di vita (67%) e sulla quotidianità (59%) dei pazienti.
«Le scelte alimentari, soprattutto nella cultura italiana, sono parte integrante della qualità di vita e della socialità delle persone – osserva Guendalina Graffigna, direttrice del centro EngageMinds HUB - e quindi fortemente intrecciate con la psicologia. Anche gran parte dell’identità delle persone si esprime attraverso il cibo che selezionano e che preparano: per chi ha la malattia di Crohn essere obbligati a rinunce o limitazioni nella propria dieta è fonte di grande frustrazione emotiva e rischia di compromettere il senso di inclusione sociale e di auto-efficacia delle persone».
I cibi “pericolosi”. In cima alla lista dei cibi considerati più problematici per chi ha le Mici sono gli alimenti piccanti (76%), poi gli alcolici (65%), i fritti (64%) e I fast food (64%). Chi ha la malattia di Crohn sente allora la mancanza di poter mangiare e bere come «chiunque altro». Il 46% si sente protagonista di “situazioni spiacevoli” nel condividere i pasti con i suoi pari e più della metà ritiene che la gestione dei pasti in famiglia sia causa di stress.
Il disagio relazionale. Al disagio nutrizionale si sommano vergogna ed emarginazione, che il 41% degli intervistati dichiara di percepire a causa della malattia; sentimento confermato anche dal 36% dei genitori. I numeri mostrano inoltre un impatto psicologico e sociale forte della malattia, che va aumentando dopo gli esordi e la diagnosi e si attesta intorno ai 17 anni: l'età di Diego Costi, giovane con la malattia di Crohn impegnato attivamente nella campagna “CrohnViviamo” e Alfiere della Repubblica italiana per il suo impegno nel campo nutrizione.
«Solitamente si parla tanto delle proprietà nutrizionali dei vari cibi e del loro effetto a livello fisico, ma spesso si trascura che ciò che mangiamo contribuisce a nutrire anche la sfera psichica. Mente e cibo sono strettamente interconnessi e si influenzano a vicenda» sottolinea Salvatore Leone, direttore generale di Amici Onlus.
La nutrizione fattore cruciale. Circa il 70% dei pazienti (e il 77% dei genitori con figli con Mici) ha dichiarato di prestare attenzione all’alimentazione e di seguire uno specifico regime alimentare concordato col gastroenterologo. Inoltre, sei persone su dieci dicono che l’attenzione all’aspetto nutrizionale è aumentata rispetto all’esordio della malattia, come cofermano anche quattro genitori su dieci.
«Nel considerare gli aspetti terapeutici per il paziente con malattia di Crohn non si può non considerare la nutrizione, fondamentale per tenere sotto controllo la patologia infiammatoria ed evitare riacutizzazioni»avverte Antonella Diamanti, responsabile dell'Unità di Riabilitazione nutrizionale dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
La corretta informazione e le fonti di informazione. La fonte principale delle informazioni riguardanti le Mici è il gastroenterologo, ma solo il 28% dei pazienti lo ha contattato di frequente. Tra le altre fonti spicca internet, sia tra le persone malate (65%) sia tra i genitori (76%): un partecipante su quattro cerca di frequente informazioni riguardo la nutrizione sul web e il 38% fa ricerche online di tanto in tanto.
«Da sempre cerchiamo di proporre soluzioni nutrizionali innovative che hanno un effetto terapeutico e permettono di migliorare l’adesione alla terapia dietetica e apportano benefici nella qualità di vita dei pazienti» dice infine Marco Alghisi, Business Executive Officer di Nestlé Italia e Malta.
La campagna “CrohViviamo” continuerà con un’indagine qualitativa-narrativa per dare voce alle storie ed esperienze dirette dei pazienti.