La gravidanza uccide ancora: ogni due minuti muoiono una mamma e nove neonati

Salute globale

La gravidanza uccide ancora: ogni due minuti muoiono una mamma e nove neonati

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Immagine: © UNICEF/UN0792401/Ayene
di redazione
Le donne muoiono per le complicanze del parto o della gravidanza. I neonati per la mancanza di cure di qualità. In tutto si contano 4,5 milioni di decessi l’anno nel mondo. Succede per lo più in Africa e in Asia. E oggi succede con la stessa frequenza di otto anni fa. Dal 2015 nessun progresso

Una lunga linea piatta. Il grafico che rappresenta i progressi globali nella riduzione della mortalità materna e neonatale è fermo immobile da otto anni. L’ultimo anno in cui sono stati registrati dati positivi, con una riduzione dei decessi associati a gravidanza e parto, è il 2015. Da allora in poi non ci sono stati miglioramenti. La causa, secondo un recente rapporto congiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dell'Unicef e del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione va attribuita al calo degli investimenti nella tutela della salute materno-infantile.

Durante la gravidanza, il parto o le prime settimane di vita muoiono ogni anno nel mondo 4,5 milioni tra donne e bambini. Il tasso di mortalità materna si è stabilizzato negli ultimi otto anni sui 290 mila casi all’anno mentre sono 1,9 milioni i bambini nati morti e 2,3 milioni quelli che non superano il primo mese di vita. Molti di questi decessi, che si concentrano in due zone del mondo, l'Africa subsahariana e l'Asia centrale e meridionale, si sarebbero potuti evitare se fossero state adottate quelle misure igienico-sanitarie che nei Paesi a reddito medio-alto hanno quasi azzerato i rischi di complicanze fatali per le donne incinte e neonati. 

Gli autori del rapporto, intitolato “Improving maternal and newborn health and survival and reducing stillbirth”, hanno raccolto i dati dei decessi e ne hanno ricostruito le cause mettendo in evidenza di volta in volta i nodi critici dell’assistenza sanitaria che sono dovuti sempre alla stessa causa originaria: la mancanza di investimenti nella sanità. 

A fargli da guida in questa operazione di monitoraggio sono stati gli obiettivi prefissati dalle due strategie globali dell’Oms (“Every newborn: an action plan to end preventable deaths” e  “Strategies for ending preventable maternal mortality”). Si tratta di traguardi che potrebbero ridurre in tempi brevi i rischi di morte per mamme e bambini nel mondo. Tra cui: assicurare al 90 per cento delle donne almeno quattro controlli durante la gravidanza, garantire la presenza di personale esperto nel 90 per cento dei parti, offrire all’80 per cento delle neo mamme e dei neonati assistenza nei giorni successivi al parto, prevedere nell’80 per cento delle zone abitate strutture di ostetricia di urgenza e unità di assistenza neonatale. 

Ma lo scenario descritto nel rapporto si allontana spesso e di molto da quegli obiettivi. Solo il 10 per cento dei Paesi monitorati possiede risorse economiche sufficienti per potenziare i servizi per la salute materno-infantile. Meno di un terzo dei Paesi dispone di unità di assistenza neonatale sufficienti a salvare le vite dei bambini nati prematuri o malati. Circa due terzi delle strutture per il parto di emergenza nell'Africa subsahariana non sono considerate completamente funzionanti perché mancano le risorse essenziali come medicinali, materiali monouso, acqua, elettricità o personale per l'assistenza 24 ore su 24.

Nei Paesi con il maggior numero di decessi tra donne e bambini dell'Africa subsahariana e dell'Asia centrale e meridionale meno del 60 per cento delle donne riceve almeno quattro degli otto controlli prenatali raccomandati dall’OMS. 

Sulla base delle tendenze descritte nel rapporto,  più di 60 Paesi non sono pronti a raggiungere il traguardo della riduzione della mortalità materna, neonatale e dei nati morti previsto dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite entro il 2030.

«La morte di qualsiasi donna durante la gravidanza o il parto è una grave violazione dei diritti umani. Aumentare l'accesso a servizi di salute sessuale e riproduttiva di qualità all’interno della copertura sanitaria universale e dell'assistenza sanitaria di base, in particolare nelle comunità in cui i tassi di mortalità materna sono rimasti stabili o sono addirittura aumentati negli ultimi anni. È fondamentale eliminare i fattori sottostanti che contribuiscono alla scarsa salute materna come le disuguaglianze socio-economiche, la discriminazione, la povertà e l’ingiustizia», ha affermato Julitta Onabanjo, direttrice della divisione tecnica presso il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA).