Ictus: 10 milioni di morti ogni anno entro il 2050

La previsione

Ictus: 10 milioni di morti ogni anno entro il 2050

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Immagine: U.S. Navy photo by Photographer's Mate 1st Class Shane T. McCoy., Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Secondo le stime della New World Stroke Organization-Lancet Neurology Commission le morti per ictus aumenteranno da 6,6 milioni del 2020 a 9,7 milioni nel 2050. Più colpiti i Paesi poveri. Nel 2050, il 91% dei decessi avverrà nei Paesi a basso-medio reddito rispetto al 9% nei Paesi ad alto reddito

Accadrà nel 2050 nel mondo, o meglio, potrebbe accadere se non si interviene urgentemente per cambiare rotta:  ci saranno 9,7 milioni di morti all’anno per ictus, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, il 50 per cento in più rispetto al 2020, con costi annuali associati alla malattia che si aggireranno intorno a 2,3 trilioni di dollari. La stima è frutto del lavoro del team di ricercatori che fa parte della World Stroke Organization–Lancet Neurology Commission. Sulla base delle tendenze degli ultimi anni, gli scienziati hanno previsto gli scenari futuri calcolando il potenziale impatto sulla salute e sull’economia dell’ictus nel mondo. 

Negli ultimi trent’anni, il numero di persone colpite da un ictus, decedute oppure rimaste disabili è quasi raddoppiato. Il maggior numero di casi si registra nei Paesi a basso e medio reddito dove la prevalenza del danno cerebrale sta aumentando a un ritmo più sostenuto rispetto a quanto accade nei Paesi ad alto reddito. Nel caso in cui il trend proseguisse, uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Organizzazione Mondiale della Sanità non potrebbe essere raggiunto. Si tratta dell’obiettivo 3.4 che punta a ridurre di un terzo entro il 2030, il numero di morti premature per malattie non trasmissibili che attualmente è pari a 41 milioni. L’ictus, come il diabete o il cancro, fa parte delle patologie non infettive che potrebbero fare molti meno danni se venissero adottate strategie di prevenzione efficaci, screening e cure tempestive. Tutti interventi con costi non banali. 

Gli autori dell’analisi stimano che per arrivare al traguardo prefissato (l’obiettivo 3.4) ci vorrebbero 140 miliardi di dollari in più da investire da oggi al 2030. I benefici però supererebbero i costi di dieci volte. 

I ricercatori hanno utilizzato lo stesso criterio per la raccolta dei dati del Global Burden of Disease (GBD) per ricavare una stima dell’impatto dell’ictus tra il 2020 e il 2050 in Paesi ad alto reddito e a medio-basso reddito. Il primo fattore chiave per ottenere stime accurate è indubbiamente l’invecchiamento della popolazione: i rischi di ictus aumentano con l’età. L’altro elemento fondamentale per poter prevedere il trend dell’ictus nel mondo è la crescita demografica: più persone, più casi. 

Tenendo costo di questi e di altri fattori, i ricercatori hanno calcolato che il numero di persone che annualmente muore di ictus nel mondo aumenterà del 50 per cento, passando dagli attuali 6,6 milioni ai 9,7 milioni del 2050. 

La tendenza sarà particolarmente marcata nei Paesi a basso e medio reddito dove si passerà dai da 5,7 milioni del 2020 agli 8,8 milioni del 2050. Nei paesi ad alto reddito il numero dei decessi rimarrà invariato: attestandosi a circa 900mila. Ciò significa che la percentuale di casi di ictus dei Paesi a basso e medio reddito sul totale passerà dall’86 per cento del 2020 al 91 per cento del 20250. L’Asia e l’Africa sub-Sahariana sono le zone del mondo più colpite. 

«L’Asia rappresenta di gran lunga la quota maggiore di morti per ictus a livello globale nel 2020 (61%, circa 4,1 milioni di decessi) e si prevede che questa percentuale salirà a circa il 69 per cento entro il 2050 (circa 6,6 milioni di decessi). Sebbene inferiore rispetto all’Asia, il numero annuale di decessi globali per ictus che si verificano nei paesi dell’Africa sub-sahariana aumenterà dal 6 per cento nel 2020 (403.000) all’8 per cento (765.000) nel 2050. Dobbiamo esaminare attentamente le cause di questo aumento, compreso il crescente peso dei fattori di rischio incontrollati – in particolare l’ipertensione arteriosa, e la mancanza di servizi di prevenzione e cura dell’ictus in queste regioni. Senza un’azione urgente, le morti per ictus nel Sud-Est asiatico, nell’Asia orientale e in Oceania potrebbero aumentare di quasi 2 milioni di decessi, passando da 3,1 milioni nel 2020 a potenzialmente 4,9 milioni nel 2050», ha dichiarato Jeyaraj Pandian, presidente della World Stroke Organization, uno degli autori principali dell’indagine. 

L’impatto economico dell’ictus, calcolando i costi diretti della malattia e indiretti della mancata produttività, potrebbe arrivare a 2,3 trilioni di dollari nel 2050. Ancora una volta i Paesi dell’Asia e dell’Africa saranno i più colpiti. 

I ricercatori non si sono limitati alla descrizione degli scenari possibili, ma hanno anche proposto soluzioni per allontanare la possibilità che quelle previsioni si avverino. Grazie alla consulenza di un team di esperti, la Commission ha individuato le barriere e gli elementi facilitatori che incidono sul rischio di ictus, aumentandolo o riducendolo rispettivamente.

Il primo ostacolo da superare è la mancata consapevolezza dei fattori di rischio, come ipertensione arteriosa, diabete mellito, colesterolo alto, obesità, alimentazione scorretta, stile di vita sedentario e fumo. 

In secondo luogo, i ricercatori puntano il dito contro una  carente sorveglianza su tutte le fasi della malattia, dalla prevenzione, all’evento in sé, alla gestione e alle conseguenze. Manca, soprattutto nei Paesi a basso e medio reddito, un monitoraggio accurato dei pazienti e delle persone a rischio.  

Al contrario, la salute della popolazione trae beneficio dalla presenza di reti ben organizzate per la prevenzione e gestione dell’ictus all’interno di un sistema di assistenza sanitaria universale che garantisce l’accesso ai servizi a tutta la popolazione e cure efficaci basate sulle più recenti evidenze scientifiche. 

Gli autori della Commissione propongono 12 raccomandazioni basate sull’evidenza per la sorveglianza, la prevenzione, l’assistenza nella fase acuta e la riabilitazione dell’ictus. Vanno dalla costruzione di sistemi di sorveglianza a basso costo per fornire dati epidemiologici accurati su cui basare le strategie di prevenzione e il trattamento alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica sull’importanza di stili di vita sani e prevenire l’ictus attraverso l’uso a livello di popolazione di tecnologie mobili e digitali, come video e app con contenuti informativi. 

Consiglia inoltre di dare priorità alla pianificazione efficace dei servizi di cura dell’ictus acuto, al rafforzamento delle capacità, alla formazione, alla fornitura di attrezzature adeguate, cure e farmaci a prezzi accessibili e all’adeguata distribuzione delle risorse a livello nazionale e regionale. Inoltre, adattare le raccomandazioni basate sull’evidenza ai contesti regionali, compresa la formazione, il supporto e la supervisione degli operatori sanitari di comunità per assistere nella cura dell’ictus a lungo termine. Infine, stabilire ecosistemi locali, nazionali e regionali che coinvolgano tutte le parti interessate rilevanti per co-creare, co-implementare e monitorare la sorveglianza, la prevenzione, le cure acute e la riabilitazione dell’ictus.