Oltre 2 milioni i pazienti oncologici cronici. Serve una legge sul diritto all’oblio oncologico
Un paziente con tumore su quattro è riuscito a superare la malattia, non ha più bisogno di trattamenti e può avere la stessa aspettativa di vita del resto popolazione. I malati oncologici cronici sono in Italia circa 2 milioni, uomini e donne che non sono nella fase acuta della malattia, ma non possono essere considerati guariti. Per i primi si rende necessaria e urgente l’approvazione di una legge per il diritto all’oblio oncologico. Per i secondi, invece, una riorganizzazione della medicina territoriale in modo che l’assistenza sia la più vicina possibile al domicilio del paziente.
È questo il doppio messaggio lanciato dal convegno “Quando il cancro diventa una malattia cronica” organizzato il 4 febbraio a Roma dalla Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) in occasione della Giornata mondiale contro il cancro 2023 (World Cancer Day #CloseTheCareGap) promossa dall’UICC (Union for International Cancer Control).
«In Italia i malati oncologici sono in costante crescita – sottolinea Giordano Beretta, presidente della Fondazione - e ammontano a oltre 3,7 milioni di uomini e donne. Di questi circa un milione aspetta da tempo una legge che tuteli i loro diritti fondamentali ed eviti discriminazione nella vita di tutti i giorni. In molti Paesi europei esistono già norme specifiche per chi è riuscito a superare definitivamente il cancro. Queste persone all’estero riescono, senza troppi problemi, ad avere un prestito bancario o a stipulare un’assicurazione sulla vita. Da noi invece nonostante diversi appelli non esiste ancora nessuna garanzia legislativa e come Fondazione Aiom, da oltre un anno, promuoviamo “Io non sono il mio tumore”». Tra le altre iniziative, una petizione on line che finora ha raccolto oltre 105 mila firme per sollecitare il Parlamento ad approvare al più presto una legge ad hoc.
Oggi spesso si riesce a tenere sotto controllo la malattia con buoni risultati anche per lunghi periodi di tempo, come ricorda Giovanni Pietro Ianniello, consigliere del Comitato centrale Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici. Per esempio un carcinoma della mammella, che presenta metastasi ossee, può essere trattato con successo anche per più di dieci anni. Lo stesso vale per il cancro della prostata o altre neoplasie molto diffuse e non particolarmente insidiose.
In Italia, però, stenta a decollare «un vero sistema di cure territoriali per i pazienti oncologici cronici» osserva Pierfranco Conte, presidente di Fondazione Periplo e professore di Oncologia medica all’Università di Padova. «Il nostro obiettivo – prosegue - deve essere limitare il più possibile gli accessi ospedalieri dei malati che potrebbero invece recarsi ai distretti sanitari delle Asl per ricevere trattamenti orali continuativi e talora anche terapie parenterali», ovviamente «senza compromettere la qualità dell’assistenza».
I pazienti sia cronici sia quelli completamente guariti «devono poter tornare alle normali attività lavorative» chiede infine Elisabetta Iannelli, segretario generale della Favo, la Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia.Ciò deve avvenire, precisa, «rispettando i tempi e i bisogni di persone che comunque hanno necessità diverse rispetto agli altri lavoratori».