L’Oms ha 75 anni e potrebbe avere bisogno di un check-up
Quel che non uccide rafforza. Potrebbe darsi che questa volta funzioni davvero. È quello che la redazione di Nature on line augura all’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione dei suoi 75 anni di vita. Durante la pandemia l’agenzia delle Nazioni Unite se l’è vista brutta, ma oggi, anche se malconcia e piena di lividi, è ancora in piedi. E c’è la speranza che dal trauma di Covid-19 ne sia uscita rinvigorita. Tanto da poter tornare finalmente a dedicarsi con nuove energie alla sua originaria missione: assicurare l’assistenza sanitaria universale. Il trattato costitutivo dell’Oms, firmato a New York il 22 luglio del 1946 ma entrato in vigore il 7 aprile del 1948 (data scelta per celebrare la Giornata Mondiale della Salute), stabiliva in maniera inequivocabile che «la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l'assenza di malattia o infermità. Il godimento del più alto standard di salute raggiungibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, religione, credo politico, condizione economica o sociale».
L’unico modo per raggiungere l’ambizioso obiettivo fissato 75 anni fa sarebbe stato quello di potenziare i sistemi sanitari nazionali mettendoli nelle condizioni di garantire l’accesso universale alle cure nei rispettivi Paesi. Questo tipo di intervento, si legge nell’editoriale di Nature, non è stata finora considerato una priorità dall’Oms e il mancato, o scarso, investimento in questo ambito è una delle ragioni per cui le malattie infettive continuano a diffondersi mettendo a rischio la vita delle popolazioni che vivono in Paesi a basso e medio reddito.
L’eradicazione del vaiolo nel 1980 resta un indiscusso successo, a cui però non ne sono seguiti altri. La poliomielite, che sarebbe potuta diventare la seconda malattia completamente debellata, ancora esiste e ancora più lontano appare il traguardo della eliminazione dell’Hiv, della malaria e della tubercolosi.
Immaginarsi che l’Oms possa uscire rafforzata dall’esperienza della pandemia significa ipotizzare che l’agenzia delle Nazioni Unite possa aver imparato qualcosa dai suoi insuccessi. Il più evidente dei quali è il fallimento del programma COVAX, l’iniziativa nata per assicurare anche ai Paesi più poveri i vaccini anti Covi. Il piano non ha funzionato come sperato perché i governi di una manciata di Paesi ricchi hanno fatto incetta di vaccini acquistandone più del necessario a prezzi proibitivi per le tasche del resto del mondo.
È uno degli errori che non devono ripetersi. Per questo, il nuovo trattato pandemico dell’Oms, di cui è recentemente stata discussa la prima bozza, prevede tra i suoi punti fondamentali la condivisione delle conoscenze e l’equità nella distribuzione dei vaccini. L’incipit del documento, attualmente oggetto di negoziazione, è una doccia fredda che deve svegliare le coscienze: «Riconoscendo il fallimento catastrofico della comunità internazionale nel mostrarsi solidale ed equa in risposta alla pandemia…». Segue una lista di articoli tutti improntati al principio della solidarietà e della cooperazione.
L’Oms, in particolare, si impegna con questa nuovo trattato a trovare un punto di incontro tra le esigenze del mercato, tra cui il diritto alla proprietà intellettuale avanzato dalle aziende, riconosciuto come necessario per i progressi della medicina e la tutela della salute pubblica.
È un nodo non banale da sciogliere, emerso in tutta la sua complessità durante la pandemia, quando le regole sui brevetti stabilite dall’Organizzazione Mondiale del Commercio avevano reso difficile la condivisione delle conoscenze per lo sviluppo rapido di vaccini e di terapie su larga scala. L’India e il Sud Africa avevano promosso una campagna, sostenuta anche da Nature, per la temporanea sospensione di alcune tutele sulla proprietà intellettuale che però non ha avuto successo. Nella bozza del nuovo trattato l’Oms ricorda che l'accordo sui diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS) non impedisce e non dovrebbe impedire ai membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio di adottare misure per proteggere la salute pubblica.
«L'OMS mira a raggiungere una maggiore equità ed efficacia per la prevenzione, la preparazione e la risposta alla pandemia attraverso la massima cooperazione nazionale e internazionale», si legge nella stesura provvisoria del trattato pandemico.