Da One Health a Planetary Health: un nuovo paradigma per prepararci alle future pandemie
Ci sono voluti migliaia di anni perché la popolazione mondiale raggiungesse il miliardo di persone, ma sono poi bastati solo un paio di secoli per raggiungere i 7,8 miliardi di oggi. Secondo stime recenti, la popolazione mondiale raggiungerà circa 10 miliardi di persone nel 2050, grazie soprattutto ai progressi della medicina e al miglioramento della qualità di vita, che hanno permesso da un lato di ridurre la mortalità prematura e infantile, e dall’altro di aumentare l’aspettativa di vita alla nascita, che oggi ha raggiunto i 72,7 anni a livello globale, con un miglioramento del 38% rispetto al 1960.
Questo sviluppo, però, non è stato senza conseguenze e l'ambiente ha pagato un prezzo altissimo: circa il 17% della foresta pluviale amazzonica è stata distrutta negli ultimi cinquanta anni; la temperatura media globale attuale è di quasi un grado centigrado superiore alla media della fine del XIX secolo; tra 200 e 2 mila specie viventi si estinguono ogni anno a causa della perdita di habitat e dell’alterazione nella composizione dell’atmosfera e degli equilibri climatici e chimici degli oceani; circa il 40% della popolazione soffre di scarsità d'acqua; più di nove persone su dieci vivono in contesti che superano i limiti di inquinamento stabiliti dell'Organizzazione mondiale della sanità.
«L’attività umana dell’era in cui viviamo è caratterizzata dall’impatto drammatico dell’uomo sul pianeta Terra – osserva Daniela Bianco, partner e responsabile della Divisione Healthcare di The European House, in occasione dell'incontro, martedì 19 ottobre a Roma, su Planetary Health e antimicrobicoresistenza (Amr) promosso dalla stessa Ambrosetti – e allo stesso tempo i cambiamenti in atto nell’ecosistema ambientale e nel clima stanno avendo ripercussioni sulla salute degli esseri viventi. Occorre quindi un nuovo paradigma che consideri le interrelazioni tra ecosistema umano, animale e ambientale nel definire le nuove strategie di sanità pubblica».
Anche la pandemia da SARS-CoV-2, come altre epidemie che si sono sviluppate negli ultimi decenni, è legata ad alterazioni ambientali e climatiche, derivanti dall’impatto che l’uomo ha sulla natura.
«Covid-19 richiede cambiamenti importanti – sottolinea il ministro della Salute, Roberto Speranza - a partire da una nuova stagione di investimenti sul nostro Servizio sanitario nazionale: la strategia One Health e la lotta all’Amr, al centro anche della discussione dei ministri della Salute all’interno del G20, rappresenta una traiettoria di sviluppo importante. Occorre costruire le necessarie strategie tra settore pubblico e privato, come la pandemia ci ha insegnato. Rovesciare la crisi in opportunità di rilancio attraverso un patto globale con la salute al centro delle politiche».
La “Planetary Health”, la cui definizione è stata coniata nel 2015 dalla Rockfeller Foundation e da The Lancet, rappresenta l’unica via percorribile per contrastare efficacemente le possibili future pandemie, tra cui l’Amr.
Ancora oggi, infatti, quest'ultima è responsabile ogni anno di circa 700 mila morti (33 mila nell’Unione europea, di cui poco meno di un terzo in Italia, prima a livello europeo), che potrebbero arrivare, in assenza di azioni efficaci di contrasto, a 10 milioni nel 2050, più di quelli dovuti a cancro, diabete e incidenti stradali insieme.
«Oggi la diagnostica rappresenta uno strumento essenziale di lotta alla resistenza antimicrobica» sostiene Stathis Chorianopoulos, vicepresidente dell’Adriatic Cluster di bioMérieux. «I test sindromici di ultima generazione, che coniugano la rapidità di risposta alla capacità di identificare un ampio spettro di patogeni e profili di resistenza, consentono di ottimizzare la terapia antibiotica il prima possibile – prosegue - così da influenzare positivamente l’outcome del paziente e contrastare la diffusione delle resistenze antimicrobiche».
Oggi quasi tutti gli antibiotici in uso sono basati su una scoperta fatta poco meno di quaranta anni fa. Per superare questa criticità nel 2020 è stato lanciato, da 24 aziende farmaceutiche di tutto il mondo e con il supporto dell’International Federation of Pharmaceutical Manufacturers and Associations, l’Amr Action Fund con una dotazione di 1 miliardo di dollari e l’obiettivo di sviluppare da due a quattro nuovi antibiotici entro il 2030.
«Gli investimenti continui in ricerca e innovazione nel settore farmaceutico – osserva Paivi Kerkola, CEO di Pfizer Italia - ci hanno consentito di dare una risposta anche alla pandemia in tempi rapidissimi. Vaccini e trattamenti per il Covid-19 insieme allo sviluppo di test diagnostici sempre più precisi e rapidi hanno consentito la ripresa dei sistemi economici e produttivi del mondo. La collaborazione tra pubblico e privato è stata determinante, occorre proseguire in questa direzione – conclude - per continuare a contribuire tutti insieme a una salute sostenibile dei cittadini e del pianeta».