La pandemia pesa sulle tasche dei medici: per 1 su 3 reddito calato di almeno il 10%

L’indagine

La pandemia pesa sulle tasche dei medici: per 1 su 3 reddito calato di almeno il 10%

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Immagine: Univadis Medscape Italia, I guadagni e l’organizzazione del lavoro dei medici italiani: l’impatto di Covid-19
di redazione

Una riduzione del reddito fino al 25 per cento a fronte di un aumento delle spese per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e la sottoscrizione di contratti di assicurazione integrativa.

Per i medici italiani il 2020 è stato un anno difficile non solo per aver affrontato in prima linea la pandemia, ma anche per le ricadute sul fronte economico e dell’impegno professionale.

È quanto emerge  da un’indagine realizzata da Univadis Medscape Italia che ha coinvolto quasi 900 professasti italiani. 

«Con il lockdown la vita delle persone è stata improvvisamente stravolta, e ancora di più quella dei medici che hanno portato il peso dell’emergenza sanitaria, compiendo enormi sforzi per gestire e contenere la pandemia e curare al meglio i pazienti affetti da coronavirus. A tale sforzo non sempre è corrisposto un compenso adeguato», spiega Daniela Ovadia, coordinatore editoriale di Univadis Medscape Italia e autrice del report. «Quello che emerge dall’indagine è che circa un terzo del campione ha indicato una riduzione di introiti che va dal 10 fino al 25%, con picchi che superano anche questa percentuale, e che i professionisti attribuiscono alla pandemia da COVID-19. La stragrande maggioranza dei medici che ha subito una contrazione del proprio reddito (il 92%) è costituita proprio da professionisti operanti in strutture sanitarie pubbliche ma non come dipendenti. L’arrivo della pandemia ha quindi significato per loro un limitato accesso agli ospedali per ragioni di sicurezza e la conseguente perdita del lavoro, la riduzione delle ore lavorative e del volume dei pazienti, causando la riduzione del reddito».

Oltre a questo, è risultato che la pandemia è stata il primo fattore ad incidere sulle spese quotidiane extra dei medici: in media, i medici hanno infatti speso 1.200 euro per dispositivi di protezione individuale e 6 su 10 hanno deciso di stipulare un’assicurazione integrativa. Inoltre il 69% dei medici ha pagato di tasca propria l'assicurazione professionale per la responsabilità civile. 

A conti fatti, alla fine del mese il 44% degli intervistati dichiara di non riuscire a mettere da parte nulla per il proprio futuro, e si nota la presenza di una visione piuttosto pessimistica rispetto al ritorno alla normalità: l’11% dei medici è convinto che il proprio reddito sia destinato a non tornare mai più ai livelli pre-Covid e il 55% pensa che ci vorranno almeno tre anni. 

L’insoddisfazione dei medici potrebbe inoltre costituire una leva per cercare di migliorare la propria situazione economica lavorando in altri Paesi europei. «Questo vale soprattutto per le nuove generazioni di medici che hanno motivazione e strumenti per poter lasciare l’Italia forse più facilmente», commenta Daniela Ovadia. «Tra chi vorrebbe trasferirsi all’estero, il 18% sceglierebbe come destinazione di lavoro il Regno Unito, sia per la maggiore richiesta di professionisti in ambito sanitario, sia per la somiglianza con il Sistema sanitario italiano. Va considerato anche che le nuove generazioni di medici hanno maggiore conoscenza della lingua inglese rispetto alle generazioni precedenti, sicuramente un fattore che ne agevola il trasferimento».

 

La relazione con i pazienti compensa lo scontento per la propria situazione economica, infatti il 33% dei partecipanti la descrive come uno degli aspetti più gratificanti del proprio lavoro. Altri motivi di soddisfazione personale sono la consapevolezza della propria bravura, l’aver contribuito a rendere il mondo un posto migliore, l'orgoglio di essere medico e il fatto di avere un reddito derivante dal lavoro che più piace. Questa fierezza nei confronti della professione medica è confermata anche dalle risposte alla domanda “Se lo dovesse rifare, sceglierebbe medicina come carriera?”: 3 medici su 4 confermano che sceglierebbero ancora medicina e, in percentuale analoga, confermano anche la scelta della propria specializzazione. 

Il dato più sorprendente, considerando quanto accaduto nell’ultimo anno e la direzione presa dal PNRR riguardo alla riforma della sanità, è lo scettiscismo persistente nei confronti dell’utilizzo dei nuovi strumenti digitali per la salute e della telemedicina. L’impiego di tool e device per il benessere - come activity tracker, sleep tracker, smartwatch e app di monitoraggio dei parametri personali – non solo è ancora molto limitato (li usa il 16% dei medici) rispetto ad altri Paesi, ma vengono anche consigliati poco ai propri pazienti (solo il 15% dei medici li raccomanda).

Il quadro migliora se si parla della telemedicina, uno strumento che si è rivelato molto importante nel corso dell’emergenza causata dal COVID-19 e di cui i pazienti hanno cominciato a beneficiare, evitando per esempio di dover raggiungere gli ambulatori di cure primarie, ad alto rischio di sovraffollamento. Tuttavia, solo il 46% degli intervistati ha fatto ricorso a questo strumento tecnologico, giudicato comunque soddisfacente da 7 medici su 10. Tra quelli che non ne hanno ancora fatto uso, il 21% dei medici prevede in futuro di adottare il teleconsulto, che potrebbe aiutare i professionisti a superare i bisogni insoddisfatti di salute e cura, con lo sviluppo di una rete di sostegno sanitaria, assistenziale e sociale.