C'è il rischio di non poter più garantire in modo adeguato in tutto il Paese l’assistenza pediatrica: a lanciare l'allarme è la Società italiana di pediatria (Sip) agli Stati generali convocati giovedì 2 marzo al ministero della Salute.
«Non è accettabile che un bambino sia curato o assistito da un medico che non sia pediatra, sia in ospedale sia nel territorio» sostiene Annamaria Staiano, presidente della Sip e professoressa di Pediatria all’Università Federico II di Napoli.
Secondo la Sip il sistema delle cure pediatriche, così com’è, rischia di non reggere, ma le soluzioni ci sono: «È necessaria e non più rinviabile una revisione dell’assistenza - dice Giovanni Corsello, professore di Pediatria all’Università di Palermo - che metta i bambini e gli adolescenti, da zero a 18 anni, al centro dell’area pediatrica. Solo così sarà possibile continuare a garantire standard assistenziali adeguati, cure gestite da personale dedicato ed erogate in contesti appropriati in tutto il Paese e in modo omogeneo».
Oltre alla formazione di un numero sufficiente di specialisti, primi passi in questa direzione sono l’integrazione e la continuità dei percorsi di cura tra ospedale e territorio.
«La dicotomia organizzativa tra pediatria di famiglia e pediatria ospedaliera realizzata nel nostro Paese a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso - osserva Rino Agostiniani, direttore dell'Area pediatria e neonatologia dell'Asl Toscana Centro - oggi non è più sostenibile. Solo con una maggiore integrazione tra ospedale e territorio possiamo garantire continuità assistenziale, rispondere meglio all’emergenza urgenza pediatrica e alle patologie croniche».
Altro aspetto rilevante è l’aumento di bambini con patologie croniche complesse e rare, che costituiscono ormai il 18% della popolazione pediatrica. In questo caso, la Sip ribadisce la necessità di accelerare il riconoscimento sul piano normativo del valore legale delle sub-specialità pediatriche, come già avviene in altri Paesi europei. «Il pediatra sub-specialista potrebbe dare una migliore risposta assistenziale ai tanti bambini e adolescenti con patologie croniche e rare e gestire meglio la transizione, sia in ospedale sia sul territorio» spiega Renato Cutrera, direttore dell'Unità di Pneumologia e fibrosi cistica dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.
Per la Società scientifica occorre inoltre investire sulla formazione perché «la Pediatria ha bisogno di specialisti adeguatamente formati sia sulla gestione di pazienti complessi, come quelli affetti da patologie croniche, sia su nuove tematiche di grande impatto clinico e sociale, come la bioetica, le cure palliative, le nuove forme di abuso e maltrattamento, le emergenze sanitarie» spiega Staiano.
Innovazione tecnologica e telemedicina hanno «potenzialità enormi per migliorare le attività di prevenzione, per consolidare le reti pediatriche e la filiera che lega ospedale, territorio e casa del paziente, per espandere l’efficacia d’intervento delle specialità pediatriche, per superare le diseguaglianze geografiche delle offerte clinico-assistenziali dei servizi pediatrici, per favorire la domiciliazione delle cure e del follow-up» conclude Giorgio Perilongo, professore di Pediatria all’Università di Padova e coordinatore della Commissione per l’Innovazione tecnologica in pediatria della Sip.
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