Tumori: per il 90% degli oncologi i social media sono utili nella lotta al cancro. Ma il 41% teme il rischio di fake news

Il sondaggio

Tumori: per il 90% degli oncologi i social media sono utili nella lotta al cancro. Ma il 41% teme il rischio di fake news

di redazione

Nove oncologi su dieci ritengono che i social media siano uno strumento utile nella lotta al cancro e nella formazione professionale. Dall’altro lato, però, il 41% ritiene sia difficile discriminare le informazioni vere dalle fake news e per il 30% i social sono una fonte di stress, al punto che un terzo ne ha ridotto l’uso durante la pandemia.

Sono dati da un sondaggio su 1.076 oncologi europei pubblicato su “ESMO Open”, che ha esaminato il loro punto di vista sui social network e su come li abbiano utilizzati durante la pandemia da Covid.

Se ne è parlato nella prima edizione del corso per oncologi e giornalisti organizzato dal Comu (Collegio oncologi medici universitari) che si è tenuto nei giorni scorsi a Palermo, dedicato alla comunicazione medico-scientifica nell’era digitale.

Se i clinici posseggono gli strumenti per districarsi nella mole di notizie prodotte dalla rete, i rischi sono maggiori per i pazienti oncologici. La diminuzione della fiducia nella scienza porta spesso queste persone ad affidarsi alle cosiddette terapie alternative, prive di validità scientifica. Come evidenziato da due studi, pubblicati su “JAMA Oncology” e sul “Journal of the National Cancer Institute”, i pazienti che ricorrono alla “medicina complementare” hanno maggiori probabilità di rifiutare la chirurgia, la radioterapia o la chemioterapia e presentano più del doppio delle probabilità di morire rispetto alle persone trattate con le terapie tradizionali.

«Troppe informazioni distorte e fake news pubblicate su siti web e riviste non autorevoli si propagano attraverso un uso sconsiderato dei social media» osserva Antonio Russo, presidente Comu e professore di Oncologia medica all'Università di Palermo. «Nell’attuale era di fake news e di sfiducia nelle Istituzioni – prosegue - gli sforzi devono essere raddoppiati per comunicare con precisione i progressi della ricerca scientifica nella lotta ai tumori al pubblico laico e ai pazienti e per garantire che la vera conoscenza sia separata dal materiale falso. Per questo promuoviamo il primo corso del Comu per giornalisti medico-scientifici e oncologi. I due mondi devono imparare a conoscere le reciproche esigenze per rispondere alla richiesta di buona informazione da parte dei cittadini. Vogliamo offrire ai clinici gli strumenti per comunicare con i giornalisti e siglare un’alleanza con il mondo dei media».

Secondo un sondaggio pubblicato sull'European Journal of Cancer e curato dall'University College di Londra e dall’Università di Leeds, il 43% delle 1.330 persone che hanno risposto è convinto che a scatenare i tumori sia lo stress, il 42% gli additivi alimentari, mentre il 19% attribuisce la colpa ai forni a microonde e il 15% al bere dalle bottiglie di plastica. Più di un terzo considera come fattori di rischio le frequenze elettromagnetiche (35%) e il cibo ogm (34%). L’emergenza pandemica, inoltre, ha alimentano l’onda di irrazionalità, visto che, come emerge dal Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, per il 5,9% degli italiani (circa 3 milioni) il Covid non esiste, per il 10,9% il vaccino è inutile e inefficace, per il 31,4% è un farmaco sperimentale e le persone che si vaccinano fanno da cavie e per il 12,7% la scienza produce più danni che benefici.

I social network «non vanno demonizzati – raccomanda Russo - perché possono diventare armi importanti nella lotta contro i tumori. Le potenzialità aggregative di questi strumenti consentono di allargare la rete degli utenti, non solo medici ma anche pazienti e cittadini, fino a coinvolgerli direttamente nelle attività delle Società scientifiche, favorendo così la loro diffusione virale. Non solo: i social network permettono anche di realizzare campagne di sensibilizzazione e di promuovere stili di vita sani, raggiungendo specifiche fasce di popolazione, ma sono ancora poco impiegati in questo senso».

Nel sondaggio pubblicato su “ESMO Open”, gli oncologi considerano Twitter il social più efficace per l’informazione, l’aggiornamento e la formazione scientifica, LinkedIn per l’interazione con i colleghi e Facebook e Instagram per comunicare con i pazienti oncologici.

«Questi ultimi – sottolinea il presidente Comu - utilizzano i social network per far parte di una comunità, per sentirsi meno soli e per cercare informazioni. Alcuni studi hanno dimostrato che coloro che interagiscono sui social hanno maggiori probabilità di partecipare a studi clinici e screening. Il potenziale di questi strumenti in oncologia è davvero notevole – conclude - e compito degli addetti ai lavori è anche quello di farsi protagonisti di questa rivoluzione, cercando di comprendere sempre meglio come utilizzare i social».