Tumori ereditari: in Italia viene individuato solo un portatore di alterazioni genetiche su dieci
Devono convivere con una spada di Damocle imposta dalla natura, ma hanno deciso di fare di tutto per rendere inoffensiva quella potenziale minaccia, per loro, per i loro famigliari e per chiunque altro si trovi nelle stesse condizioni. Così un gruppo di persone portatrici sane di alterazioni genetiche che predispongono al rischio di tumore ha dato vita a Fondazione Mutagens, con lo scopo di favorire la ricerca sulle sindromi ereditarie e sostenere l’attività clinica nella prevenzione e nella cura delle neoplasie.
Gli obiettivi di Mutagens sono stati presentati oggi 7 aprile in un media tutorial organizzato a Roma all’Istituto Superiore di Sanità.
«Mutagens è nata per iniziativa di un gruppo di persone portatrici di sindromi ereditarie, per rivolgersi sia a chi ha già sviluppato un tumore a causa di un’alterazione genetica, sia a chi è ancora sano ma potrebbe ammalarsi in futuro. Aiutiamo i primi a curarsi nel modo più efficace possibile, grazie alla medicina di precisione e all’immunoterapia, e a prevenire la ricomparsa della malattia e lo sviluppo di nuove neoplasie; inseriamo i secondi in percorsi di sorveglianza intensificata per migliorare la prevenzione secondaria e, dove possibile, quella primaria», spiega Salvo Testa, presidente di Fondazione Mutagens.
I dati sulla predisposizione genetica
Più che di dati si dovrebbe parlare di stime. Non esiste in Italia un registro nazionale dei tumori ereditari, non c’è un monitoraggio epidemiologico specifico. In base alle statistiche di altri Paesi si può presumere che in Italia ci siano 500mila portatori di alterazioni genetiche associate a un maggior rischio di neoplasie. Di questi però ne viene effettivamente identificato meno del 10 per cento.
Secondo una serie di studi internazionali i tumori ereditari rappresentano dal 15 al 17 per cento di tutti i tumori. Su questo dato si può stimare che in Italia ci siano ogni anno circa 60mila casi di tumori ereditari sulle 377mila diagnosi annue e 50-100 mila famiglie portatrici delle mutazioni che predispongono al tumore. Chi possiede queste mutazioni ha un rischio maggiore di ammalarsi che può variare, a seconda del tipo di alterazione genetica, arrivando anche al 50, 60, 70 per cento in più. «Mutagens nasce con l’intento di mettere a disposizione della ricerca i soggetti portatori di sindromi ereditarie, di intercettare sempre più persone con alterazioni genetiche da inserire in percorsi di prevenzione e migliorare il percorso terapeutico dei pazienti che hanno già avuto una diagnosi di tumore ereditario grazie alla medicina di precisione e all’immunoterapia anche per prevenire la ricomparsa della malattia nell’organo già colpito o lo sviluppo del tumore negli altri organi a rischio», ha spiegato Testa.
I tipi di tumori ereditari
Le sindromi ereditarie più diffuse sono la sindrome di Lynch, nota anche come cancro colorettale ereditario non poliposico (hereditary nonpolyposis colon cancer or HNPCC), una patologia ereditaria caratterizzata dall'aumentato rischio di sviluppare il carcinoma colorettale, il tumore dell'endometrio (utero) ed altri tipi di cancro con circa 215mila portatori in Italia, e quella del cancro alla mammella e all’ovaio (HBOC-BRCA), con circa 150mila portatori. Per le altre sindromi ereditarie rare, una cinquantina quelle finora identificate, si stimano altre 135mila persone.
I principali tipi di tumore associati ad alterazioni genetiche sono quelli della mammella (femminile e maschile), dell’ovaio, dello stomaco, del colon-retto, dell’endometrio, della prostata, della vescica, del pancreas e il melanoma.
È giusto fare più test genetici? Sì, se è assicurata l’appropriatezza
Attualmente viene individuato solo 1 portatore di alterazioni genetiche su 10. Come fare per “scovare” gli altri? Per riuscirci è necessario puntare sulla multidisciplnarità e l’appropriatezza.
«Nella presa in carico dei pazienti oncologici è fondamentale poter contare su un team multidisciplinare composto da chirurghi, oncologi, anatomo patologi, psicologi e genetisti. La presenza del genetista nei gruppi oncologici multidiscplinari permette di riconoscere le sindromi ereditarie e di avviare percorsi di prevenzione per i famigliari. L’altra figura fondamentale per fare uscire dal sommerso i portatori di alterazioni genetiche a rischio di tumore è il medico di medicina generale che conosce la storia famigliare del paziente e può indirizzare un suo assistito al test genetico in caso di sospetto. Il ricorso al test genetico deve essere effettuato con appropriatezza, assicurandosi anche che la persona sia presa in carico in maniera adeguata dopo aver ricevuto il risultato», spiega Cristina Oliani, Presidente di AIFET (Associazione Italiana Familiarità Ereditarietà Tumori) e Direttore UOC di Oncologia Aulss 5 Polesana Regione Veneto.
Costi e benefici dei test genetici
«Investire sui test conviene al sistema sanitario perché numerosi studio hanno dimostrato che il vantaggio economico della prevenzione della malattia o della terapia personalizzata dei pazienti supera di gran lunga il costo dell’esame genetico. Si potrebbe cominciare in una prima fase a sottoporre a screening le persone negli ospedali in presenza di indicatori di un rischio famigliare. I criteri per selezionare le persone a cui fare i test genetici già ci sono, ma non vengono applicati», spiega Testa.
Attualmente sono rimborsabili su tutto il territorio nazionale i test per la sindrome di Lynch inseriti nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Per gli altri test genetici, in particolare per la mutazione BRCA, ogni regione ha un suo tariffario (nel 50% delle regioni il test BRCA è gratuito per gli individui a rischio).
«La sfida è estendere progressivamente lo screening con i test genomici e genetici al maggior numero di persone in cui si reputa probabile la presenza di una alterazione genetica. L’esecuzione dell’esame al momento della diagnosi permette di identificare mutazioni somatiche ed eventualmente varianti patogenetiche costituzionali nei pazienti colpiti da neoplasia, stabilendo così un percorso terapeutico adeguato e, a cascata, di individuare tempestivamente anche i familiari portatori della stessa variante patogenetica, prima che sviluppino un carcinoma correlato alla sindrome ereditaria. Così è possibile attuare efficaci strategie di riduzione del rischio, che, ad esempio nei tumori della mammella e dell’ovaio, spaziano dalla sorveglianza intensiva alla chirurgia profilattica», conclude Pier Giuseppe Pelicci, Segretario Scientifico Alleanza Contro il Cancro e Co-direttore Scientifico IEO.
La spada di Damocle dei “mutati sani”
«Chi sa di avere un elevato rischio di tumore e deve convivere con una pesantissima spada di Damocle deve poter contare su un sostegno psicologico e ha bisogno di sapere cosa fare e a chi rivolgersi. Sono situazioni molto delicate, che vanno affrontate con l’aiuto di specialisti e il sostegno delle numerose associazioni pazienti presenti sul territorio. Condividiamo gli obiettivi di Mutagens e vogliamo che più persone possibili vengano a conoscenza dell’esistenza delle sindromi ereditarie: solo in questo modo aumenteranno gli screening e la diffusione dei test genetici e genomici, da effettuare su approvazione medica quando si ha il sospetto di essere portatori di un’alterazione nel proprio DNA», ha dichiarato Elisabetta Iannelli, Segretario Generale FAVO (Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) e partecipante onoraria Fondazione Mutagens.
La necessità di fare rete
Tra i partner che collaborano con Mutagens c’è Alleanza Contro il Cancro, la rete istituzionale che permette di sostenere la ricerca oncologica specifica sulle sindromi ereditarie, AIFET (Associazione Italiana Familiarità Ereditarietà Tumori), l’associazione che si occupa dello studio dell’ereditarietà e familiarità dei tumori, Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO) che si fa portavoce dei bisogni dei pazienti.
«Come rete nazionale di ricerca oncologica siamo in prima linea per quanto riguarda tutte le condizioni più ‘rare’, che spesso non godono dell’attenzione che meriterebbero. Le neoplasie da alterazioni genetiche ereditarie costituiscono una parte significativa di tutti i tumori in Italia, un numero più alto rispetto a quanto si credesse in passato. Favorire la ricerca è fondamentale per salvaguardare la salute di tutte le persone portatrici e delle loro famiglie, inevitabilmente a rischio» dichiara Ruggero De Maria, Presidente Alleanza contro il Cancro e Direttore Patologia Generale all’Università Cattolica di Roma.