La variante Omicron può provocare il long Covid? Non lo sappiamo, ma non si può escluderlo

La questione aperta

La variante Omicron può provocare il long Covid? Non lo sappiamo, ma non si può escluderlo

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Immagine: Navy Medicine, Public domain, via Wikimedia Commons
di redazione
Il fatto che la nuova variante provochi sintomi moderati o lievi non vuol dire molto. Nelle ondate precedenti si è visto che anche le persone asintomatiche potevano sviluppare la sindrome del long Covid, sperimentando spossatezza e “brain fog” per molto tempo dopo la fine dell’infezione

Omicron non è come le altre. Rispetto alle Voc (“variant of concern”, varianti che destano preoccupazione) che l’hanno preceduta, delle quali oramai è rimasta in circolazione quasi solo Delta, possiede un numero di mutazioni di gran lunga superiore, è molto più trasmissibile, ha maggiori possibilità di eludere le difese immunitarie, provoca sintomi meno gravi e colpisce prevalentemente le vie aeree superiori. Resta da scoprire se questa versione del coronavirus così “speciale” possa provocare la cosiddetta “sindrome del long Covid”, la sequela di manifestazioni neurologiche, fisiche e cognitive che può durare anche mesi e che compromette la qualità di vita di molte persone guarite da Covid. Ora come ora, però, è troppo presto per saperlo. Non sono passati neanche due mesi dall’individuazione della nuova variante, un tempo troppo breve per poter conoscere la durata del post-Covid. Non è neanche chiaro se Omicron provochi i due sintomi più diffusi tra quelli che emergono dopo la guarigione, ossia l’estrema stanchezza e l’annebbiamento mentale (brain fog). 

In questo momento è possibile solo avanzare delle ipotesi in base alle conoscenze acquisite nel corso delle precedenti ondate della pandemia. È quel che ha fatto il New York Times in un articolo intitolato “Can Omicron Cause Long Covid?”. Quel che è certo è che non si può escludere che Omicron possa provocare il long Covid come le altre varianti.

Il fatto che i sintomi delle infezioni da Omicron siano moderati o lievi non è una garanzia di sicurezza: con le precedenti varianti molte persone asintomatiche o con sintomi lievi erano state colpite dalla sindrome del long Covid. Il prolungato malessere successivo alla guarigione sembra indipendente dall’entità dei sintomi dell’infezione. 

È possibile che i vaccini prevengano il long Covid? I dati raccolti finora riguardano per lo più la variante Delta e non dicono tutti la stessa cosa. 

C’è stato un ampio studio pubblicato sul  Lancet Infectious Diseases che si è basato sulle informazioni richieste tramite una app a più di 1,2 milioni di cittadini del Regno Unito tra dicembre 2020 e luglio 2021. Le persone che avevano ricevuto due dosi di vaccini e avevano comunque contratto il virus (breakthrough infection) avevano una probabilità di due volte inferiore di soffrire di long Covid (con sintomi persistenti oltre i 28 giorni) rispetto a chi si era infettato senza essere stato vaccinato. Nel gruppo dei vaccinati, il 5 per cento ha avuto sintomi duraturi in confronto all’11 per cento del gruppo dei non vaccinati. 

Un altro studio, non ancora sottoposto a peer review, condotto su 240mila pazienti Covid ha dato risultati simili: chi aveva ricevuto almeno una dose del vaccino prima dell’infezione riduceva da 7 a 10 volte la probabilità di soffrire di due o più sintomi tipici del long Covid tra le 12 e le 20 settimane successive all’infezione rispetto ai non vaccinati. 

Gli scienziati hanno anche osservato che le persone che avevano ricevuto la prima dose di vaccino dopo aver contratto il coronavirus avevano meno probabilità di sviluppare la sindrome del long Covid rispetto a coloro che non erano stati vaccinati.

Ma un terzo studio, anche questo non ancora sottoposto a peer-review, ha dato risultati meno incoraggianti. Un gruppo di ricercatori del Regno Unito ha analizzato le cartelle cliniche elettroniche dei pazienti negli Stati Uniti, mettendo a confronto circa 10mila persone vaccinate contro altrettante non vaccinate. Dall’analisi è emerso che il vaccino non riduceva il rischio di sviluppare i sintomi del long Covid. Potrebbe darsi però che questi risultati dipendano dal fatto che i partecipanti allo studio erano tutti pazienti che avevano richiesto assistenza medica e che quindi probabilmente erano particolarmente fragili. Non è escluso che in persone sane il vaccino abbia un potere protettivo maggiore nei confronti del long Covid. Tutti questi dati comunque riguardano le varianti Alfa e Delta e non la Omicron che è da  poco diventata oggetto di studio.  

Resta ancora da scoprire, infine, se i vaccini possono alleviare i sintomi del long Covid se vengono effettuati quando i sintomi sono manifesti.  

Secondo Akiko Iwasaki, un immunologo di Yale intervistato dal New York Times, i vaccini potrebbero essere in grado di fornire un sollievo duraturo alle persone i cui sintomi sono causati da residui del virus solo se gli anticorpi indotti dai vaccini eliminano questi residui. Ma nelle persone i cui sintomi sono causati da una risposta simile a una malattia autoimmune, i vaccini possono aiutare solo temporaneamente e disturbi come la stanchezza potrebbero riemergere.