Dalla vita reale i dati per migliorare l'appropriatezza terapeutica e l'efficacia dei medicinali

Farmaci

Dalla vita reale i dati per migliorare l'appropriatezza terapeutica e l'efficacia dei medicinali

di redazione

Gli studi che valutano l'efficacia e la sicurezza dei medicinali prima che questi vengano autorizzati a entrare nella pratica clinica sono realizzati su popolazioni di pazienti selezionate e in gruppi protetti, che necessariamente devono rispondere a rigidi criteri di inclusione. È però indispensabile continuare a studiare il profilo rischio/beneficio di un farmaco anche dopo che questo è stato immesso in commercio, nella vita reale. L'accresciuta consapevolezza nella comunità scientifica, tra le aziende farmaceutiche e gli enti regolatori su questo fronte fa sì che diventi sempre più rilevante il ruolo dei dati della pratica clinica (real world) raccolti ogni giorno nelle corsie e negli ambulatori. Che fino a oggi sono relegati a complemento degli studi clinici controllati randomizzati (RCTs). La Real World Evidence (RWE) può rappresentare l’evoluzione della medicina personalizzata e rendere più efficiente la spesa farmaceutica, oltre a diventare uno strumento di governance sanitaria se usato in modo rigoroso e coerente.

Dell'argomento si è discusso martedì 16 maggio a Milano in un incontro promosso da Pfizer Italia.

«I dati di real world possono essere usati per completare le evidenze scientifiche che si ottengono con gli studi controllati randomizzati» dice Alessandra Gennari, professoressa di Oncologia all'Università del Piemonte Orientale e direttrice della Struttura universitaria di Oncologia medica all'Ospedale Maggiore di Novara. «Nei real world data le caratteristiche dei pazienti possono essere lievemente diverse rispetto a quelle dei pazienti coinvolti negli studi clinici randomizzati – precisa - e questo può essere motivo di una lieve differente efficacia dei farmaci nella pratica clinica. I dati real world rispecchiano di più la pratica clinica, ma non sono sufficienti a far approvare un farmaco, perché è sempre necessario uno studio con un braccio di controllo con la terapia standard».

I dati real world possono dunque confermare i risultati di “efficacy”, ottenuti dai trial clinici controllati randomizzati, attraverso i risultati di “effectiveness”, ossia l’efficacia del farmaco nella vita reale.

Un esempio del valore dei dati real world in Oncologia è lo studio P-REALITY-X, realizzato da Pfizer, che aiuta a comprendere l’efficacia della terapia combinata di prima linea palbociclib con un inibitore dell’aromatasi in un setting del mondo reale, fondamentale per migliorare la cura del carcinoma mammario metastatico.

«È sempre più importante integrare le evidenze degli studi clinici randomizzati con quelle real world – sottolinea Giuseppe Curigliano, professore di Oncologia medica all'Università di Milano e direttore della Divisione Sviluppo nuovi farmaci per terapie innovative dell'Istituto europeo di oncologia del capoluogo lombardo – perché i pazienti arruolati negli studi prospettici randomizzati sono selezionati sulla base di criteri estremamente selettivi e spesso non sono confrontabili con i pazienti che visitiamo nei nostri ambulatori». Per esempio, lo studio P-REALITY-X è uno studio «che ha valutato l’effectiveness di palbociclib in un setting di popolazione nella vita reale, che ha dimostrato un vantaggio di sopravvivenza e di progression free survival nella coorte di pazienti che hanno ricevuto palbociclib con un inibitore dell’aromatasi con un prolungamento della sopravvivenza da 43 mesi a 57 mesi».

Gli studi di RWE sono considerati oggi complementari, e non sostitutivi, degli studi clinici randomizzati, preziosi non solo per confermare in pazienti non selezionati l’efficacia di un nuovo trattamento ma soprattutto per approfondire il suo profilo di sicurezza.

Nel rilevare ciò che accade nella pratica clinica «posso rendermi conto di qual è il reale profilo di tollerabilità di un farmaco – conferma Angela Toss, ricercatrice all'Unità di Genetica oncologica dell'Università di Modena – e osservare anche la comparsa e la gestione di eventi avversi che sono più rari nei trial clinici randomizzati». Inoltre, «credo che sia utile e necessario dire ai nostri pazienti che la scelta si basa su dati solidi legati a studi clinici – aggiunge Toss - ma anche che, per alcuni farmaci, la scelta si basa sul fatto che il farmaco è già da diversi anni utilizzato nella pratica clinica e che i dati raccolti su come questo farmaco si è comportato negli anni successivi alla sua approvazione confermano i risultati dei trial clinici».

Negli ultimi anni la Real World Evidence è sempre più utilizzata anche dalle aziende farmaceutiche per la ricerca e sviluppo di un medicinale: «La nostra visione è quella di integrare le RWE su tutto il ciclo di vita dei nostri farmaci – spiega Barbara Capaccetti, direttore medico e vicepresidente di Pfizer Italia – con l’obiettivo generale di accelerare in modo mirato il loro sviluppo e, in ultima analisi, aiutarci a garantire che il farmaco giusto arrivi al paziente giusto al momento giusto. La Real World Evidence può migliorare l’organizzazione, l’accesso e l’utilizzo dei dati di ricerca, consentendo di accelerare il processo di generazione delle evidenze per ciò che ancora non conosciamo e integrare dati non completi o mancanti negli studi clinici».