Tumore ovarico, test genetici e genomici indispensabili per migliorare prevenzione e terapia

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Tumore ovarico, test genetici e genomici indispensabili per migliorare prevenzione e terapia

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Immagine: 'Cambiamo rotta Un libro (bianco) illustrato di voci, bisogni e proposte delle donne con tumore ovarico'. Illustrazione: Elisa Macellari
di redazione
Sono necessari entrambi. I test genetici individuano le pazienti a rischio e sono una guida utile per la prevenzione (ma il 12% delle donne con tumore ovarico non vi accede). I test genomici forniscono informazioni sul tipo di tumore e indirizzano le terapie verso bersagli mirati

In un caso su quattro, il tumore ovarico sieroso di alto grado, il tipo più frequente, colpisce donne con mutazione del gene BRCA. «Questa conoscenza ci dà un’occasione importante: quella di individuare le donne mutate prima che sviluppino la malattia e mettere a loro disposizione delle strategie di prevenzione e di riduzione del rischio», spiega Nicoletta Colombo, direttrice di Ginecologia oncologica medica dell'Istituto europeo di oncologia (IEO), professoressa di Ostetricia e ginecologia all’Università di Milano-Bicocca. Il test BRCA fa parte dei Livelli essenziali di assstenza (Lea) già da diversi anni e dovrebbe essere offerto a tutte le donne con carcinoma ovarico. Eppure al 12 per cento delle pazienti non viene ancora proposto. Il mancato accesso al test genetico ha due conseguenze negative: non solo compromette l’efficacia delle terapie, ma preclude ai familiari la possibilità di conoscere una eventuale predisposizione genetica alla malattia.  Il 27 per cento delle pazienti che effettuano il test, infatti, risulta BRCA-positivo: in quei casi lo stesso esame andrebbe proposto “a cascata” anche ai familiari. 

Test genetici e test genomici

I test genetici individuano le mutazioni germinali, ossia ereditarie, che possono aumentare il rischio di tumore e sono utili per individuare le persone a rischio e pianificare strategie di prevenzione. 

«L’uso della pillola estro-progestinica in giovane età per un periodo di almeno cinque anni, per esempio, ha dimostrato di ridurre le probabilità di ammalarsi per un periodo prolungato dopo il termine dell’assunzione. La via più efficace, però, resta ancora oggi l’annessiectomia profilattica, ossia la rimozione chirurgica delle  ovaie e delle tube. Esiste, certamente, anche la possibilità di fare controlli periodici per individuare la malattia il prima possibile. Purtroppo, questa strategia funziona molto meglio per i tumori mammari che per quelli ovarici», avverte Colombo. 

Poi ci sono i test genomici,  una risorsa indispensabile per la scelta delle terapie nelle pazienti che il tumore lo hanno sviluppato. 

«Questo tipo di test ricerca le mutazioni, dette somatiche, sul tumore asportato da una paziente» precisa Giancarlo Pruneri,  direttore del Dipartimento di Diagnostica avanzata della Fondazione Istituto nazionale tumori e professore di Anatomia patologica all’Università di Milano, con due obiettivi: «predittivo, per stabilire le terapie più indicate e predirne l’efficacia; prognostico, per prevedere l’esito delle cure in modo più accurato. Le mutazioni possono trovarsi solo nel tumore o essere costitutive della persona: i due tipi di test, genetico e genomico, sono quindi complementari e sono oggi indispensabili».

I risultati del test genomico permettono di realizzare l’obiettivo della medicna personalizzata: dare il farmaco giusto al paziente giusto, terapie mirate su bersagli specifici. 

Puntare al bersaglio 

Nel tumore ovarico il primo "bersaglio" verso cui indirizzare farmaci mirati è stato il Deficit della ricombinazione omologa (HRD).

Si tratta di un meccanismo di riparazione dei danni al Dna, ma si è scoperto che ci sono tumori ovarici in cui risulta alterato e che si può sfruttare questo deficit a vantaggio del trattamento. «Il deficit è presente nei tumori di tutte le pazienti con mutazioni BRCA e di un altro 25 per cento di pazienti senza mutazioni di questi geni: quindi nella metà dei casi totali», precisa Colombo. 

Di qui l’importanza di poter garantire due tipi di test: quelli genetici, soprattutto a scopo di prevenzione delle persone sane, e quelli genomici sul tessuto tumorale, come il test HRD, per personalizzare le cure nelle donne malate. 

Secondo i risultati della ricerca ACTO Italia ETS “Il percorso della paziente con carcinoma ovarico”, l'81% delle pazienti con tumore ovarico ha effettuato il test genetico per le mutazioni BRCA, ma al 12 per cento non è stato proposto 

il 7 per cento ha preferito non farlo. Il 41 per cento delle pazienti dichiara di aver effettuato sia il test genetico sia il test genomico.

«Per indirizzare la paziente verso un trattamento sperimentale entra in gioco il Molecular Tumor Board, un team multidisciplinare in cui patologi, genetisti, oncologi e altre figure esperte analizzano i dati molecolari per utilizzare farmaci personalizzati, uno strumento essenziale per rispondere alle esigenze delle pazienti. In ogni caso, i test genomici NGS per i geni BRCA e per l’HRD devono essere garantiti sempre», sostiene Pruneri. 

 
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