Cancro alla tiroide, dal 2015 il secondo più diffuso tra le donne

Tumori

Cancro alla tiroide, dal 2015 il secondo più diffuso tra le donne

di redazione

Dal 2015 il tumore alla tiroide diventerà il secondo più frequente nelle donne che vivono nei paesi sviluppati. Ad oggi siamo di fronte a una vasta e inattesa diffusione di tumori tiroidei, dicono gli esperti, e l'aumento di incidenza è dovuto a più frequenti screening nella popolazione. In pratica, grazie a controlli eseguiti spesso per altre patologie - come l'ecocolordoppler per la valutazione dei vasi sovra-aortici - ci si imbatte incidentalmente in piccoli tumori a uno stadio molto precoce che necessitano, nella maggior parte dei casi, di trattamenti meno aggressivi rispetto alle neoplasie tiroidee diagnosticate qualche decennio fa.

Di questo e di altri argomenti legati alla tiroide si discuterà all'ottavo congresso nazionale dell'Associazione italiana della tiroide (Ait) che si svolge a Milano dal 27 al 29 novembre. «Circa il 10% della popolazione italiana soffre di disturbi tiroidei, con un rapporto donna-uomo di 8:1», ha dichiarato Paolo Beck-Peccoz, professore ordinario di Endocrinologia all'Università degli studi di Milano e presidente Ait. «Potenzialmente una persona in ogni famiglia ha un problema legato alla tiroide, la piccola quanto importante ghiandola endocrina posta alla base del collo che controlla molte delle funzioni del nostro corpo, dalle funzioni metaboliche allo sviluppo del sistema nervoso centrale, dalla crescita alla fertilità».

Eppure gli esami per la funzionalità tiroidea sono ancora poco diffusi. Secondo l'indagine realizzata per la campagna di sensibilizzazione "Tiroide in prima fila", promossa dalla Fondazione Cesare Serono e presentata durante il congresso, solo il 48% delle donne si è sottoposto a uno screening tiroideo negli ultimi tre anni. Il questionario è stato compilato da oltre 1.600 persone, per oltre l'80% donne e per il 40% da persone di età compresa fra 36 e 50 anni.

Gli esperti riuniti a congresso hanno ribadito l'importanza della iodoprofilassi al fine di evitare i disordini da carenza iodica. Integrare lo iodio nell'alimentazione mediante il consumo di sale iodato, come da legge 55/2005, è una misura di prevenzione efficace, poco costosa e semplice, ma ad alto impatto sociale. La carenza iodica in Italia, sebbene non severa, determina ancora un'alta frequenza di gozzo e di altri disordini correlati. L'assunzione di iodio in Italia è di poco superiore al 60% della dose giornaliera raccomandata, che equivale a 150 µg per adolescenti e adulti, 90 µg per i bambini al di sotto dei 2 anni e 250 µg per le donne in gravidanza e in allattamento. «Poco sale, ma che sia iodato», è il monito dell'Associazione italiana della tiroide: l'impiego di sale domestico in quantità controllate (max 3-5 gr) non confligge con la raccomandazione di ridurre l'assunzione di sodio per proteggersi dagli effetti nocivi dell'eccesso di sodio su cuore, rene, circolazione, pressione. 2-3 grammi di sale da cucina iodato, per esempio, forniscono 60-90 microgrammi di iodio utili per il raggiungimento del fabbisogno quotidiano nel bambino.