Una Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

6 febbraio

Una Giornata mondiale contro le mutilazioni genitali femminili

di redazione

Più di 120 milioni di bambine e donne nel modo hanno subito l'asportazione parziale o totale dei loro genitali e sono circa 3 milioni le bambine a rischio di subirla nei prossimi dieci anni. Sabato 6 febbraio si celebra in tutto il mondo la Giornata per il contrasto alle mutilazioni genitali femminili, in occasione della quale l’Istituto San Gallicano di Roma conferma il proprio impegno sia negli ospedali che ha aperto in Etiopia e in Medio Oriente sia in Italia. C’è infatti la necessità di affrontare il problema anche nel nostro Paese, con il coinvolgimento delle comunità di migranti provenienti da aree a forte tradizione escissoria, per realizzare insieme al personale socio-sanitario, strategie di prevenzione e contrasto. Inoltre continua l’impegno a diffondere la cultura di riti di passaggio alternativi, che in pochi anni hanno salvato oltre 6 mila ragazze in Etiopia e in Eritrea in particolare.

Le mutilazioni genitali femminili sono state messe al bando dalle Nazioni Unite quali violazione dei diritti umani e abuso irreversibile dell’integrità fisica di donne e bambine. Eppure continuano a essere praticate in oltre 28 Paesi africani e in alcuni asiatici. In seguito al fenomeno migratorio, questa pratica interessa anche l’Europa dove, secondo il Parlamento europeo, sono circa 500 mila le donne che le hanno subite e 20 mila le bambine a rischio.

«Sebbene diversi Paesi abbiano approvato leggi che proibiscono la pratica delle mutilazioni delle ragazze - sottolinea Aldo Morrone, direttore del Servizio di Salute globale e dermatologia internazionale del San Gallicano - in molti villaggi sono ancora troppe le bambine sottoposte alla pratica escissoria». L'impegno del San Gallicano «è di salvaguardia dell'integrità psicofisica di queste bambine - assicura Marta Branca, commissario straordinario degli Ifo - attraverso una rete di accordi scientifici con le principali università del Tigray. Oltre all'attività di formazione di operatrici sanitarie nelle aree remote rurali come a Sheraro, dove dal 2014 sono presenti medici e operatrici sanitarie del nostro Istituto. Sono stati avviati programmi di abbandono di tale pratica da parte delle operatrici di Mgf, attraverso corso di riqualificazione, permettendo loro di entrare nello staff di operatrici sanitarie di base nei diversi distretti del Tigray in Etiopia, facendo cessare la loro attività di mutilazione delle bambine».