Indice Euro Health, la sanità italiana slitta al ventunesimo posto

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Indice Euro Health, la sanità italiana slitta al ventunesimo posto

di redazione

Ventunesima. Così si è classificata la sanità italiana nell'Euro health consumer index 2014, presentato oggi a Bruxelles alla presenza del Commissario europeo per la salute. Con 648 punti su 1.000, il nostro paese slitta verso il basso e perde una posizione rispetto al 2013 e ben sei dal 2009. Sul podio svettano, in ordine, Olanda (898 punti), Svizzera, Norvegia, Finlandia e Danimarca. Meglio di noi va a Germania e Francia, rispettivamente nona e undicesima, mentre Irlanda, Croazia e Cipro ci stanno immediatamente dopo.

Lo studio, condotto dalla società Health consumer powerhouse (Hcp) e giunto all'ottava edizione, valuta i sistemi sanitari di 37 paesi europei sulla base di 48 indicatori, analizzati attraverso statistiche pubbliche, sondaggi tra i pazienti e ricerche indipendenti. In particolare, i criteri sono riconducibili a sei macro-aree: diritti dei pazienti, accessibilità e tempi di attesa, outcome, range e servizi, prevenzione, farmaceutica.

Sulla base dell'indice, l'Italia è uno dei pochi paesi europei a non avere migliorato il suo punteggio. «Nonostante molti paesi registrino un lieve calo della spesa sanitaria, le prestazioni complessive nell'ambito della sanità continuano a migliorare», ha spiegato Arne Bjornberg, direttore della ricerca. Nel 2006, il primo indice assegnava un punteggio superiore a 800 a un solo paese, mentre nel 2014 la stessa soglia è stata superata da ben nove sistemi sanitari, tutti caratterizzati da ottime prestazioni. Nel complesso, invece, la performance del sistema sanitario italiano continua a scivolare verso il basso, proseguendo nel suo cammino in discesa iniziato fin dai primi rilevamenti dell'Ehci. Per questo c'è un gran bisogno di riforme, si legge nella nota ufficiale riguardante il nostro paese, che mette in evidenza come «l'attuale regionalizzazione della sanità pubblica minaccia di allargare il divario fra nord e sud, rendendo talvolta difficile stabilire la media italiana».

Un dato positivo sulla sanità nostrana, però, c'è. L'indagine relativa alle associazioni dei pazienti ha rilevato un notevole miglioramento, in base al quale il paese sembra avere ridotto di molto il problema dei pagamenti in nero. «Attendersi grandi riforme, che appaiono estremamente incerte, significherebbe prendersi in giro», afferma Bjornberg. «Sembra più probabile attuare misure specifiche, come una forte svolta nella prevenzione antifumo, dato che quest'ultimo è una delle cause degli scarsi risultati dei trattamenti. L'eccessivo consumo di antibiotici va a braccetto con l'elevato livello di gravi infezioni ospedaliere: si tratta di una correlazione pericolosa, che andrebbe affrontata». Sul tema dell'assistenza a lungo termine della popolazione in invecchiamento, Bjornberg denuncia una «abissale mancanza di preparazione. Sotto questo punto di vista, infatti, l'Italia si colloca allo stesso posto di Romania e Grecia, ma ancora una volta non sembra esservi alcuna volontà politica di attuare azioni risolutive».