In un libro la storia del padre dell’oncologia italiana

Gianni Bonadonna

In un libro la storia del padre dell’oncologia italiana

di redazione

Ai più il suo nome non dice molto. Ma se oggi riusciamo a pensare al cancro come a una malattia da cui in molti casi si può guarire e contro cui sempre vale la pena combattere buona parte del merito è proprio sua. Di Gianni Bonadonna, quello che merita l’appellativo di padre dell’oncologia italiana.

Era la fine degli anni Settanta del secolo scorso, anni in cui la parola cancro non veniva nemmeno pronunciata, l’unica opzione di trattamento era l’approccio chirurgico demolitivo e i pazienti erano considerati persone destinate a una morte certa. 

Bonadonna, da qualche anno alla guida della Divisione di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano, insieme ai colleghi fece di quel reparto l’avanguardia della lotta italiana (e mondiale) contro il cancro. Soprattutto contribuì a cambiare per sempre il modo in cui la malattia veniva percepita. Mise infatti a punto il primo protocollo chemioterapico a base di adriamicina che ancora oggi è usato in molti reparti di oncologia e che per la prima volta mostrava che il cancro può essere messo alle strette. 

Il nome di Bonadonna fa il giro del mondo, ma nel 1995, all’apice della sua carriera, l’oncologo è costretto a cominciare una nuova vita: viene colpito da un ictus che lo costringe a una vita diversa, ma non per questo meno attiva. Inizia infatti una nuova battaglia: quella per l’umanizzazione della medicina. Nel 1999 fonda l’Associazione Michelangelo per l’avanzamento dello studio e della cura dei tumori, richiama i colleghi all’importanza della relazione con il paziente anticipando un approccio che diventerà globale pochi anni dopo. 

Bonadonna si è spento lo scorso 7 settembre e ora un libro ( “Gianni Bonadonna, il padre dell’oncologia italiana”) lo ricorda. Il volume racconta la sua vita fra studi, premi, pubblicazioni attraverso le voci di chi ha condiviso con lui alcuni percorsi di progetto e di vita. Nelle pagine si susseguono, tra le altre, le testimonianze di Giorgio Cocconi, Sergio Crispino, Bruno Daniele, Franca Fossati-Bellani, Roberto La Bianca, Gino Luporini, Carmine Pinto, Pinuccia Valagussa e di altri protagonisti del mondo della medicina e della ricerca scientifica. Ne esce fuori un ritratto a 360 gradi da cui emergono non solo le sue capacità di medico e ricercatore, ma anche la sua natura schiva e ruvida, le sue doti di uomo colto, curioso, appassionato, esempio di rigore morale e di impegno, di libertà di pensiero e determinazione nel perseguire le proprie idee. 

«Gianni Bonadonna si merita questo omaggio non a semplice memoria di un grande scomparso ma perché queste pagine siano di esempio e stimolo per gli oncologi di domani e di riferimento per chi dovrà governare i cambiamenti in atto», ha detto Maurizio Tomirotti, presidente del Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo).