Se la mia pelle non la sento mia
«Era come se la mia pelle non fosse più la mia…». «Ho dovuto lottare contro la disperazione e l’impressione di diventare un mostro...». «Ho fatto numerose analisi e mi sono sottoposto a molti controlli medici, ma tutto questo non ha portato a nulla…». Sono frasi di tre dei 190 pazienti con orticaria cronica che hanno raccontato la propria storia grazie al progetto “Convivere con l’orticaria cronica”, realizzato dalla Fondazione ISTUD, che si è avvalso della medicina narrativa per dare voce a quanti ne soffrono e per individuare le migliori cure.
«La ricerca - spiega Maria Giulia Marini, direttore dell'Area Sanità e salute della Fondazione ISTUD in un incontro con i media organizzato a Milano giovedì 1 ottobre da Federasma e Allergie Onlus, con la sponsorizzazione di Novartis – tenta di dare voce a quanti vivono nascosti sul posto di lavoro e in famiglia e devono affrontare ogni giorno ansia, depressione e isolamento sociale».
Dal progetto è emerso che dei 190 pazienti presi in considerazione, affetti da orticaria cronica (45% del Nord, 28% del Centro, 24% del Sud), il 71% è costituito da donne, con un’età media di 47 anni, che vivono mediamente con orticaria cronica da sette anni. Di questi, il 95% convive con l’orticaria cronica spontanea (Csu). L’83% dei pazienti ritiene insoddisfacente il percorso di cura, mentre il 75% dichiara di essere stato visitato da tre o più medici, prima della diagnosi definitiva e il 15% ha addirittura superato i dieci medici consultati. Più di due su tre (76%), inoltre, hanno percepito negativamente il rapporto con il medico. I pazienti hanno riferito di stress e fatica, ma il sentimento dominante (92%) è la rabbia. La malattia influenza negativamente anche i rapporti: solo il 17% dei pazienti ha trovato sostegno all’interno della famiglia e le interazioni con il mondo esterno sono guidate per lo più da un sentimento di vergogna (63%).
“Prurito? E se fosse orticaria?” è il claim scelto da Federasma e Allergie Onlus per la Giornata 2015. Non per caso, ovviamente: «Il prurito è il sintomo principale dell’orticaria - sottolinea infatti Massimo Alfieri, presidente di Federasma e Allergie Onlus – ma chi soffre di questa patologia può manifestare anche disturbi del sonno, stanchezza, perdita di energia e rischia spesso di chiudersi in se stesso. L’orticaria può avere un effetto molto pesante sulla vita quotidiana dei pazienti. Il nostro consiglio è quello di ottenere una diagnosi tempestiva, rivolgendosi a uno specialista: l’allergologo o il dermatologo». Come spiega Paolo Pigatto, professore al Dipartimento di Bioscienze per la salute dell’Università di Milano, la Csu è una forma di orticaria imprevedibile e debilitante caratterizzata da prurito cronico e pomfi. Ha insorgenza spontanea e una durata di oltre sei settimane; può essere associata a gonfiore degli strati più profondi della pelle: in questo caso si parla di angioedema; nella maggior parte dei casi ha una durata da una a cinque anni, ma può anche protrarsi per decenni; le donne hanno il doppio di probabilità, rispetto agli uomini, di sviluppare la malattia; i sintomi sono imprevedibili e la ricerca delle cause sottostanti la Csu indica il ruolo del sistema immunitario, con possibili fattori aggravanti come stress, stanchezza e presenza di infezioni. Tuttavia, «un nuovo trattamento è ora a disposizione dei pazienti» ricorda Massimo Triggiani, professore di Allergologia e immunologia clinica all'Università di Salerno e past president della Società italiana di allergologia, asma e immunologia clinica. Si tratta di omalizumab, «una terapia mirata – precisa - che legandosi alle immunoglobuline E (IgE) è in grado di ridurre le reazioni cutanee indotte da istamina e di migliorare in modo significativo prurito, pomfi e qualità della vita». Novartis ha anche messo a punto l’app Orticaria che permette di tenere traccia dei sintomi della Csu e ha avviato il progetto Centri orticaria cronica spontanea per raccogliere una lista precisa di Centri esperti nella gestione e nel trattamento della patologia in Italia.