I pediatri ospedalieri dicono no alla legge belga sull’eutanasia

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I pediatri ospedalieri dicono no alla legge belga sull’eutanasia

di Michele Musso

«Dobbiamo sempre tutelare al meglio delle possibilità che la scienza ci offre la salute dei bambini, sia che si tratti di pazienti in fase acuta o alle prese con patologie croniche, sia quando ci troviamo di fronte malati in fase terminale. La legge che in Belgio ha dato il via libera all’eutanasia anche su minori di 18 anni non può trovarci d’accordo». Così Francesco Paravati, presidente della Società italiana di pediatria ospedaliera (Sipo), commenta la legge recentemente approvata in Belgio, dove l’eutanasia per gli adulti è legale dal 2002, secondo Stato europeo ad autorizzarla dopo l’Olanda. Ma finora nessun Paese aveva eliminato ogni indicazione anagrafica per la possibilità di chiedere la “dolce morte”. Eppure, osserva la Sipo, il Belgio è tra i firmatari della Convenzione Onu sui Diritti dell’infanzia, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989. «Tale documento – ricorda Paravati - esprime un consenso su quali sono gli obblighi degli Stati e della comunità internazionale nei confronti dell’infanzia. Uno dei principi fondamentali della Convenzione è il diritto alla vita. Tale principio implica da parte degli Stati membri l’impegno ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la vita, la sopravvivenza e lo sviluppo del bambino». La legge belga prevede tra l’altro che dovranno essere gli stessi bambini a chiedere l’eutanasia, d’intesa con i genitori, e uno psicologo esterno all’equipe medica curante dovrà valutare la capacità di giudizio del bambino. «Qui si pone uno dei tanti interrogativi che – conclude Paravati - ci spingono a rigettare la scelta fatta dal Belgio. Un bambino è in grado di dare un consenso informato per l’eutanasia e può comprendere appieno il significato che una tale decisione comporta?».