Tumori: In Italia bisogna aspettare 800 giorni per i farmaci innovativi

La denuncia

Tumori: In Italia bisogna aspettare 800 giorni per i farmaci innovativi

di redazione
Le procedure di approvazione sono troppo lunghe. In alcune Regioni tra un passaggio e l’altro possono passare addirittura tre anni. E i pazienti oncologici non hanno tempo da perdere. La denuncia nel Rapporto della Favo

In Italia un farmaco innovativo si fa attendere per più di 800 giorni. La procedura sembra infinita. Il tempo che trascorre tra il momento in cui l’azienda sottopone all’Agenzia Europea dei Medicinali (Ema) il dossier di autorizzazione e l’effettiva disponibilità di una nuova terapia nella prima Regione italiana è in media 2,2 anni. E per i pazienti oncologici il tempo è più che mai prezioso. La denuncia arriva dal IX Rapporto sulla condizione assistenziale dei pazienti oncologici, presentato dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo). Calcolare i tempi d’attesa non è difficile. 

Le valutazioni di Ema per l’esame delle caratteristiche farmacologiche, cliniche e di sicurezza dei farmaci innovativi richiedono mediamente 383 giorni. A questi si aggiungono i tempi nazionali e regionali. E non finisce qui. Bisogna aspettare il successivo processo di rimborsabilità da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco che rende possibile a tutti i pazienti italiani l’accesso ai farmaci innovativi. Questo traguardo si raggiunge in media in 260 giorni. Ma ancora non siamo arrivati alla fine. 

Vanno sommati i tempi necessari alle Regioni per rendere queste terapie disponibili gratuitamente presso ospedali e Asl. Passano così altri giorni, dai 31 ai 293 di media. E l’attesa complessiva può dilatarsi fino a tre anni (1.074 giorni) se si considera l’ultima Regione in cui il farmaco viene messo a disposizione.

«Il rischio concreto – ha detto Francesco De Lorenzo, presidente Favo - è che il processo che va dall’approvazione europea alla reale disponibilità concreta del farmaco per i cittadini, particolarmente lento, possa tradursi in una forma di razionamento che penalizza fortemente i malati, specialmente nel caso di farmaci innovativi salvavita. Diventa pertanto di fondamentale importanza, non soltanto per la tenuta economica del sistema, ma anche per la salvaguardia della coesione del tessuto sociale, che si giunga al più presto ad individuare un metodo condiviso e integrato per la valutazione dell’innovazione, che tenga cioè conto di tutti gli aspetti coinvolti nella cura: non soltanto dell’efficacia clinica del farmaco, ma anche del suo costo-efficacia in termini di qualità della vita».

Dal Rapporto emerge inoltre che ai lunghi tempi di attesa talvolta si accompagna la cosiddetta “tossicità finanziaria”, cioè la crisi economica individuale scatenata dalla malattia, un problema noto da diversi anni negli Stati Uniti e ora affrontato anche dai malati nel nostro Paese. Questa condizione tocca infatti il 22,5 per cento dei pazienti italiani, che presentano anche un rischio di morte del 20 per cento più alto rispetto alle persone colpite dal cancro economicamente più avvantaggiate.  

«L’accesso ai farmaci, soprattutto a quelli di ultima generazione, costituisce una problematica complessa, che abbraccia non soltanto profili economico-finanziari, ma anche etici e sociali: solo la contestuale considerazione di tutti gli aspetti coinvolti può garantire soluzioni sostenibili, finanziariamente e politicamente», ha affermato Domenico Corsi, segretario dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom) Regione Lazio.