Epatite C: solo 1 paziente su 3 ha accesso ai farmaci innovativi

L'indagine

Epatite C: solo 1 paziente su 3 ha accesso ai farmaci innovativi

di redazione
Pochi i pazienti trattati, poco il personale dedicato e troppe difformità regionali nell’organizzazione dei servizi

Quando si parla di accesso alle nuove terapie per la cura dell’epatite C l’Italia si mostra ancora una volta a macchia di leopardo. Solo un paziente su tre di quelli ritenuti idonei all’utilizzo dei farmaci innovativi ne possono realmente usufruire, nonostante i nuovi inibitori della proteasi, in associazione ai farmaci già disponibili, vadano ad aumentare la possibilità di successo terapeutico sino all’80 per cento. 

Gli altri vengono inseriti nelle liste d’attesa. 

Le strutture deputate a erogare la nuova terapia sono 353 e fra i 65 Centri intervistati, risulta che l’80 per cento continua a lavorare con la stessa dotazione di personale, nonostante l’aumento delle complessità gestionali dei nuovi trattamenti. Il 20 per cento dei Centri, inoltre, indica di aver aspettato da uno a tre mesi per avere a disposizione i farmaci da somministrare ai pazienti. A livello regionale, meno della metà delle Regioni ha formalizzato e reso pubblico un percorso diagnostico-terapeutico completo per la gestione della cura. Manca, invece, una regia nazionale che uniformi i criteri di accesso alle terapie. 

A scattare la fotografia l’indagine civica sull’accesso alle nuove terapie per il trattamento dell’epatite C, presentata dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (Cnamc)-Cittadinanzattiva in collaborazione con EpaC onlus.

«Le liste di attesa stanno diventando un fenomeno sempre più diffuso - commenta Tonino Aceti, responsabile del Cnamc e coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato - che si è esteso anche all’accesso alle terapie farmacologiche. Chiediamo che su questo le Regioni si attivino subito, anche rivedendo le modalità di individuazione e di organizzazione dei centri prescrittori. Due anni per rendere disponibili ovunque le terapie è una tempistica inaccettabile». Due anni è stato il tempo necessario per l’inserimento dei nuovi farmaci in tutti i prontuari regionali, da luglio 2011, quando l’Agenzia europea del farmaco ha dato il via libera alla commercializzazione in Europa, a maggio 2013, quando l’Emilia Romagna, ultima Regione, li ha inseriti nel proprio prontuario. Alcune differenze si registrano anche nei criteri con cui le Regioni hanno individuato i Centri, a partire dai tempi: il Veneto li ha individuati nel mese di dicembre 2012, Umbria, Lombardia, Liguria e Toscana hanno deliberato nel gennaio 2013; tra le ultime, Sicilia e Marche nel mese di aprile e per finire l’Emilia Romagna a maggio. Per ciò che attiene i criteri per l’individuazione, metà delle Regioni ha individuato i Centri sulla base delle linee di indirizzo dell’Associazione italiana studio fegato (Aisf). Altre, invece, hanno inserito ulteriori criteri: il Lazio ha indicato per esempio la presenza dell’unità di Epatologia dedicata e l’utilizzo della cartella clinica elettronica; Abruzzo, Basilicata, Lazio, Marche, Molise, Puglia, Sicilia e Veneto hanno inserito la disponibilità di un test genetico per l’individuazione dei pazienti da trattare. 

Solo nove Regioni (Abruzzo, Basilicata, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche, Lazio, Sicilia, Umbria e Veneto) hanno pubblicato e reso disponibili il Pdta e Linee guida per l’organizzazione dei servizi. Campania e Piemonte si distinguono in negativo per la irreperibilità di questa documentazione. A eccezione della Basilicata, inoltre, è mancato ovunque il coinvolgimento dei rappresentanti dei pazienti. «L’indagine – sottolinea Ivan Gardini, presidente di EpaC onlus - conferma quanto sia difficile e complesso per un paziente accedere ai farmaci innovativi per l’epatite C. Auspico che questa indagine possa convincere i decision maker interessati che servono Percorsi terapeutici uniformi per tutto il territorio nazionale e regole chiare e precise sui meccanismi di collaborazione tra strutture autorizzate e non autorizzate alla prescrizione dei farmaci innovativi».