Farmaci, meno del 50% è studiato per i bambini

Ricerca pediatrica

Farmaci, meno del 50% è studiato per i bambini

di redazione
In Italia e nel mondo la ricerca pediatrica è poco praticata, così i bambini finiscono per assumere farmaci non studiati appositamente per loro ma per gli adulti

Antibiotici, antinfiammatori non steroidei, epinefrina, morfina, benzodiazepina per anestesia. Delle centinaia di migliaia di ricette scritte ogni anno per i bambini, la maggior parte indicano farmaci mai studiati o sperimentati su di essi. Nel mondo meno del 50% di tutte le molecole destinate alla popolazione pediatrica è stato espressamente studiato per loro (dati 2002 della European commission better medicine for children). Ma il bambino non è un adulto in miniatura e se si vuole garantire la sicurezza e l'efficacia dei medicinali, dicono gli esperti, servono sperimentazioni che tengano conto delle specifiche caratteristiche metaboliche dei più piccoli. Il tema sarà al centro del primo congresso nazionale della Società italiana di ricerca pediatrica (Sirp) che si svolgerà a Chieti dal 20 al 22 novembre.

«Questo primo congresso ha lo scopo di analizzare lo stato dell'arte della ricerca in pediatria che non solo significa nuovi farmaci ma anche la comprensione dei meccanismi delle malattie infantili, comprese quelle rare», spiega Francesco Chiarelli, presidente Sirp. «Al momento comunque la priorità è limitare i rischi dell'utilizzo di farmaci per adulti somministrati ai bambini, approvate ma successivamente 'adattate' ai più piccoli secondo il solo criterio del peso corporeo che però non tiene conto delle specificità dell'organismo e del metabolismo infantile». Le somministrazioni farmaceutiche pediatriche sono centinaia di milioni ogni anno, aggiunge Chiarelli, ciononostante la maggior parte dei farmaci attualmente sul mercato sono privi dell'autorizzazione per l'uso specifico nei bambini e vengono somministrati off label, ossia "fuori indicazione" rispetto a quello che è scritto sul foglietto illustrativo.

I bambini però differiscono dagli adulti non solo per una questione di peso ma anche per peculiarità in termini di farmacocinetica (ossia l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo) e di farmacodinamica (la durata del farmaco nell'organismo prima di essere eliminato).

In assenza di studi clinici sulla popolazione che assumerà questi medicinali è difficile capire quale sia la dose corretta, il profilo di sicurezza e limitare gli effetti collaterali o le reazioni avverse. Nei neonati ad esempio, specialmente se prematuri, il fegato ha una scarsa capacità di eliminare i farmaci, e la funzione renale è ancora immatura. Al contrario, i bambini in età prescolare possono avere un'aumentata capacità metabolica e richiedono quindi dosi più alte. Il rapporto superficie corporea/peso nei bambini può essere fino a tre volte maggiore che negli adulti, provocando un maggiore assorbimento delle molecole nella somministrazione topica. Questi fattori determinano la necessità di un'ulteriore diminuzione dei dosaggi rispetto al semplice valore "aggiustato" in base al peso. La ricerca serve a definire che ciascuna molecola non sia solo efficace ma anche sicura e a stabilire il dosaggio corretto per ciascuna fascia di età.

In Italia e nel mondo la ricerca pediatrica è poco praticata. «Basti pensare che nel periodo 1991-2001, l'Fda ha approvato 341 nuove entità molecolari, di cui solo 69 (20%) sono state approvate anche per l'uso nei bambini, e non si è osservato un trend in aumento nel corso degli anni. Una analisi del 2007 ha mostrato che su 4.897 studi clinici randomizzati pubblicati nel periodo 1985-2004, il 68% comprendeva solo adulti, il 18% comprendeva anche minorenni, e soltanto il 14% era esclusivamente condotto entro la fascia di età 0-18 anni», continua Chiarelli. In Italia, in base al 9° rapporto nazionale dell'Aifa, nel periodo 2004-2009 solo il 9,8% delle sperimentazioni cliniche autorizzate nel nostro paese comprendeva soggetti fra 13 e 18 anni, e l'8,9% ha arruolato pazienti fino a 12 anni; solo 70 studi avevano la pediatria come area terapeutica principale. I farmaci prescritti con questa modalità sono moltissimi, spiega ancora Chiarelli, «dagli antibiotici al diclofenac, un antinfiammatorio non steroideo, la morfina, il midazolam, che è una benzodiazepina usata in anestesia, e l'epinefrina, utilizzata in medicina di emergenza per lo shock anafilattico e l'arresto cardiaco».

In controtendenza solo il settore oncologico: negli Usa quasi il 70% dei bambini malati di cancro è arruolato in sperimentazioni finanziate dal National cancer institute. I genitori sono estremamente disponibili anche perché talvolta la sperimentazione rappresenta la possibilità di accedere ad una farmaco innovativo che può rappresentare una speranza.