Poco iodio: 12% degli italiani affetto da gozzo

L’ePIDEMIA SILENZIOSA

Poco iodio: 12% degli italiani affetto da gozzo

di redazione
Lo iodio è il costituente fondamentale degli ormoni tiroidei, che svolgono un ruolo determinante nelle fasi dello sviluppo e dell’accrescimento, così come nel mantenimento dell’equilibrio metabolico dell’organismo adulto.

Un italiano su 8 è affetto da gozzo, la malattia tiroidea più comune causata da un’insufficiente assunzione di iodio.

È questo il dato più saliente elaborato dall’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), la struttura epidemiologica mediante afferente all’Istituto superiore di sanità responsabile della sorveglianza nazionale del programma di iodoprofilassi.

I dati sono stai presentati oggi nell’ambito del “Progetto Italiano contro la carenza di iodio in pediatria”, promosso dalla Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica, e « pur evidenziando un miglioramento dell’assunzione di iodio a livello di popolazione rispetto al passato, confermano il persistere in Italia di una carenza iodica che, seppure non severa, determina ancora un’alta frequenza di gozzo e di altri disordini correlati», ha illustrato Antonella Olivieri del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze dell’ Istituto Superiore di Sanità e responsabile scientifico dell’OSNAMI. 

Le conseguenze della carenza nutrizionale di iodio costituiscono ancora oggi un grave problema sanitario e sociale. Lo iodio è infatti il costituente fondamentale degli ormoni tiroidei, che svolgono un ruolo determinante nelle fasi dello sviluppo e dell’accrescimento, come pure nel mantenimento dell’equilibrio metabolico dell’organismo adulto. 

La carenza di iodio, dunque, ha una molteplicità di effetti la cui gravità dipende dal periodo della vita interessato da questo deficit.

Secondo i nuovi Livelli di Assunzione Raccomandati di nutrienti (LARN) 2012 il fabbisogno giornaliero di iodio nell’adulto è di 150 μg, nel bambino e nell’adolescente è tra i 90 e i 120 μg, mentre il fabbisogno aumenta fino a 220 μg al giorno in gravidanza e fino a 290 μg durante l’allattamento; in questi ultimi due casi una sua eventuale carenza aumenta il rischio di aborto nella donna e i deficit cognitivi nel bambino.