Una “promessa” contro lo scompenso cardiaco

ESC 2014

Una “promessa” contro lo scompenso cardiaco

di redazione
Novartis presenta al Congresso europeo di cardiologia a Barcellona i risultati di uno studio sul primo di una nuova classe di farmaci che ha dato risultati molto promettenti

Non ha ancora un nome, solo una sigla: LCZ696. E dovrebbe entrare in terapia non prima del prossimo anno, forse entro al fine del 2015. Però sembra già che riesca a fare meglio di altri più “grandi” di lui.

Al congresso della European society of cardiology (ESC), Novartis ha infatti illustrato alcuni risultati dello studio PARADIGM-HF, in contemporanea con la pubblicazione sul New England Journal of Medicine, secondo i quali la molecola sperimentale per lo scompenso cardiaco (LCZ696, appunto) è stata superiore alla terapia standard con l’ACE-inibitore enalapril negli endpoint chiave. Si tratta del più vasto studio mai condotto sullo scompenso cardiaco (8.442 pazienti coinvolti a livello mondiale). Nel corso dello studio, i pazienti con scompenso con frazione di eiezione ridotta (HF-REF) che assumevano LCZ696 hanno avuto maggiori probabilità di rimanere in vita e minori probabilità di dover essere ricoverati in ospedale a causa di un improvviso peggioramento dello scompenso cardiaco rispetto a quelli in terapia con l’ACE-inibitore. I pazienti hanno assunto LCZ696 o enalapril in aggiunta al miglior trattamento attualmente disponibile.

il beneficio - emerge dallo studio - è stato raggiunto in tempi brevi, è stato mantenuto ed è stato consistente nei diversi sottogruppi. Nel dettaglio, si sono registrate una riduzione del 20% del rischio di morte cardiovascolare, una riduzione del 21% dei ricoveri per scompenso cardiaco e una riduzione del 16% del rischio di mortalità per tutte le cause. Nel complesso, si è verificata una riduzione del rischio pari al 20% sull’endpoint primario, una misura composita di morte cardiovascolare o di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Un'idea del valore dei risultati può essere data dal fatto che, rispetto alla terapia standard, LCZ696 riesce a migliorare i trattamenti facendo guadagnare una vista in più ogni 32 pazienti, come ha spiegato Michele Senni, direttore della Cardiologia I, Scompenso e trapianti di cuore dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, che ha coordinato lo studio nel nostro Paese, dove sono stati coinvolti oltre 40 centri e più di 200 pazienti. «I dati presentati al congresso ESC – commenta Senni - dimostrano che LCZ696, rispetto all'ACE inibitore, il capostipite dei farmaci utilizzati fino a oggi, è potenzialmente superiore in termini di sopravvivenza e di riduzione delle riospedalizzazioni nei pazienti affetti da scompenso cardiaco cronico e con funzione ventricolare sinistra ridotta, cioè con un cuore che non riesce a pompare sangue a sufficienza nell’organismo». Per l'esperto, questi dati «aprono la strada a un potenziale cambiamento radicale nel trattamento dello scompenso cardiaco cronico, perché per la prima volta una nuova molecola ha mostrato risultati superiori all’attuale standard terapeutico». 

Mostrando «una riduzione significativa della mortalità e un miglioramento della qualità di vita, LCZ696 rappresenta uno dei più importanti passi avanti in cardiologia degli ultimi dieci anni» ha dichiarato dal canto suo David Epstein, Division Head Novartis Pharmaceuticals.

I numeri dello scompenso cardiaco

Si calcola che tra Stati Uniti ed Europa via siano 26 milioni di persone che convivono con lo scompenso cardiaco. Solo in Italia se ne contano circa 600 mila che ne sono a conoscenza, ai quali se ne aggiungono alcune centinaia che non hanno mai avuto sintomatologie che li abbiano messi sull'allerta. Ogni anno lo scompenso cardiaco costa all’economia mondiale qualcosa come 108 miliardi di dollari, con i ricoveri in ospedale che rappresentano il 60-70% dei costi totali di trattamento.

Nel Vecchio Continente, Italia compresa, le morti per malattie di cuore sono comunque in diminuzione: di un terzo negli ultimi dieci anni. I numeri , pubblicati sull'European Heart Journal, organo ufficiale dell'Esc, sono stati raccolti da Melanie Nichols del British Heart Foundation Centre, e riguardano la Regione europea dell'Oms. Quelli che possono stare (relativamente) più tranquiki, sono i francesi, con circa 149 morti per malattie cardiovascolari (Cvd) ogni 100 mila abitanti tra i maschi e 87 tra le donne, mentre in generale l'Europa dell'Est ha i numeri peggiori, con la Russia che arriva a 915 morti ogni 100 mnila abitanti tra gli uomini e 516 tra le donne. L'Italia figura tra i migliori, con 196 morti tra gli uomini e 131 tra le donne e soprattutto con una riduzione del 33% negli ultimi dieci anni. Tuttavia, avvertono gli autori della ricerca, il peso delle malattie cardiovascolari in Europa rimane comunque troppo alto, con 4 milioni di morti l'anno.