Ebola, ecco come si è evoluto il virus nel corso dell'epidemia

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Ebola, ecco come si è evoluto il virus nel corso dell'epidemia

di redazione

Il virus Ebola che ha fatto registrare oltre 27 mila infezioni in Africa occidentale e quasi 12 mila morti si è evoluto dal momento dell'inizio dell'epidemia ad oggi, cambiando più volte faccia e diffondendosi in vari paesi. Ora la rivista Nature pubblica l'analisi temporale e spaziale dell'epidemia 2014-2015 alla quale hanno preso parte anche otto ricercatori italiani dell'Istituto Lazzaro Spallanzani di Roma.

Si sapeva che il contagio era iniziato a dicembre 2013 per la trasmissione da un pipistrello ad un bambino di 2 anni, ma non era chiaro come si fosse poi diffuso in tutta la Guinea, la Sierra Leone e la Liberia ed in questi paesi è molto difficile, se non impossibile, avere dati epidemiologici attendibili. Lo studio è di enorme rilevanza perché descrive l'evoluzione genica del virus Ebola nell'epidemia che ha registrato più varianti e sottovarianti.

Sono stati analizzati 179 campioni di pazienti e sequenziati dal laboratorio Mobile Europeo, è stato così possibile descrivere la storia epidemiologica ed evoluzionistica dell'epidemia da marzo 2014 a gennaio 2015. I risultati confermano che dalla Guinea il virus si è trasferito in Sierra Leone, con molta probabilità nel mese di aprile-inizio di maggio. I virus della variante Guinea/Sierra Leone si sono poi mescolati intorno a giugno-luglio 2014. Le sequenze virali dei campioni di agosto, settembre e ottobre 2014 indicano poi che il virus è evoluto in maniera indipendente all'interno della Guinea. Tali dati, utilizzati in combinazione con quelli epidemiologici, forniscono uno spaccato senza precedenti sull'evoluzione sull'epidemia di febbre emorragica virale, oltre a consentire di verificare a posteriori l'efficacia delle misure di controllo adottate.

«Otto nomi dell'Istituto Spallanzani sono un grandissimo successo e sono il risultato di un eccellente lavoro svolto in Italia e sul campo, della enorme "macchina bellica" messa in moto, della capacità di competere a livello europeo, oltre che un grande riconoscimento dell'Istituto», ha detto Giuseppe Ippolito, direttore scientifico Inmi agli autori del lavoro.