Ematologia, al Sant'Orsola si studia una nuova terapia per i trapianti

Bologna

Ematologia, al Sant'Orsola si studia una nuova terapia per i trapianti

di redazione

Mettere a punto una terapia biologica per fermare le gravi complicanze che si verificano nei pazienti sottoposti a trapianto di midollo osseo. Questo è l'obiettivo del progetto di ricerca "TreGeneration", approvato e finanziato con 6 milioni di euro dalla Comunità europea che vede tra i protagonisti l'Ematologia del Policlinico di Sant'Orsola di Bologna.

Il trapianto di midollo osseo da donatore è oggi la terapia più efficace per molte malattie ematologiche. Purtroppo in oltre il 20% dei casi possono verificarsi gravi complicanze, tra cui la malattia del trapianto verso l'ospite (Gvhd), dove le cellule immunitarie del donatore attaccano i tessuti del paziente trapiantato (pelle, organi interni e mucosa). Per fermarle solitamente si utilizzano farmaci immunosoppressori, spesso tossici e non risolutivi.

«Nel laboratorio di terapia cellulare e immunoterapia – spiega Mario Arpinati, responsabile del progetto di ricerca – è attivo da alcuni anni un programma di studio dei linfociti T reg. Nel 2014, in collaborazione con la 'cell factory' Calori di Milano, è stata messa a punto una procedura che permette di moltiplicare questi linfociti fino a 500 volte, in meno di tre settimane, in condizioni di assoluta sicurezza e sterilità, così da poterli reinfondere ai pazienti».

I linfociti T reg controllano le risposte immunitarie per evitare che diventino troppo potenti, tanto da causare danni non voluti alla persona. Iniettando nel ricevente una dose molto elevata di questi linfociti provenienti dal donatore si potrebbe dunque spegnere la principale complicanza del trapianto. I ricercatori del Sant'Orsola lavoreranno proprio per implementare questa terapia e curare senza farmaci tossici le complicanze dei trapianti.

«Ma il successo di questo programma potrebbe avere importanti implicazioni anche al di fuori del trapianto: la terapia con linfociti T reg potrebbe essere utile anche nella cura di malattie del sistema immunitario», conclude Arpinati.