Epatite B, l'attacco al virus visto come in un film

Nuove tecniche

Epatite B, l'attacco al virus visto come in un film

di redazione
Attraverso la microscopia in vivo i ricercatori del San Raffaele di Milano hanno ripreso per la prima volta, dall'interno e in tempo reale, le varie fasi di sviluppo dell'epatite B e l'azione difensiva dei linfociti contro il virus. Il racconto e i video su Cell

Come delle vere e proprie sentinelle, al primo segnale che qualcosa non va iniziano a scorrere nei capillari del fegato dove, con un lavoro certosino, vanno a caccia di cellule infettate da distruggere. È così che i linfociti, avvertiti dalle piastrine, difendono l'organismo dal virus dell'epatite B (Hbv) ma nello stesso tempo danneggiano il fegato e provocano i sintomi della malattia, come l'ittero.

La scena è stata ripresa per la prima volta dall'interno e in tempo reale dai ricercatori dell'Irccs Ospedale San Raffaele di Milano grazie a una tecnica rivoluzionaria di microscopia in vivo, la microscopia intravitale. Un po' come avveniva nel fantascientifico film "Viaggio allucinante" tratto da un libro di Isaac Asimov, gli scienziati hanno potuto assistere in prima persona allo sviluppo della malattia e all'azione messa in campo dalle cellule per difendersi.

Il racconto di quanto hanno visto è descritto nel dettaglio sulla rivista Cell e corredato dai video girati.

«Un cambio di paradigma molto rilevante per la ricerca biomedica, perché ci permette di studiare direttamente le patologie nel loro divenire invece di ricostruirle a posteriori», hanno commentato Luca Guidotti e Matteo Iannacone, a capo dei laboratori che hanno messo a punto la tecnica. "È un po' come se un meccanico miniaturizzato fosse dentro il motore di una macchina per vedere esattamente dove si trova il guasto».

Nel corso della ricerca, il team è arrivato a smentire alcune delle informazioni finora in possesso della comunità scientifica riguardo all'epatite B.

Ciò che è noto è che il sistema immunitario reagisce all'attacco del virus dell'Hbv combattendo l'infezione e causando danni al fegato. Il virus, infatti, non attacca direttamente l'organo e le sue cellule, che anzi utilizza per replicarsi. Ciò che danneggia il fegato sono i linfociti citotossici, specifici globuli bianchi del sangue, che circolano come sentinelle nei vasi dei tessuti alla continua ricerca di cellule "malate" da distruggere (infettate da virus o tumorali). Questo "attacco difensivo" è causa dei sintomi della malattia, come per esempio l'ittero.

Finora si pensava che per arrivare a compiere la loro attività di killer i linfociti citotossici dovessero eseguire tre esercizi distinti e consecutivi: arrestare la propria corsa nel circolo, uscire dai vasi e, infine, introdursi all'interno del fegato dove le cellule bersaglio si annidano. Si pensava inoltre che l'arrivo dei linfociti nei vasi dipendesse dalla presenza in loco di specifiche molecole (chiamate selettine, integrine e chemochine) in grado di richiamare i linfociti citotossici proprio dove il loro contributo era necessario.

Ma non è così. La visualizzazione diretta di questi fenomeni in vivo, spiegano i ricercatori, ha permesso di dimostrare che sono le piastrine ad avvertire i linfociti che qualcosa non va e non le selettine, le integrine o le chemochine.

Le piastrine, infatti, costruiscono una sorta di "tappeto appiccicoso" che intrappola i linfociti e blocca la loro corsa nel sangue. Una volta arrestatesi sul tappeto piastrinico, i linfociti si staccano e iniziano a scorrere lentamente dentro i capillari, anche in senso contrario al flusso sanguigno. «E mentre scorrono i linfociti seguitano a infilare sottili tentacoli, di un diametro 10 mila volte più piccolo di un millimetro, attraverso piccole fenestrature poste nella parete dei capillari, perlustrando così l'ambiente sottostante», spiega Innaccone.

«Quando poi arrivano a identificare la cellula malata, al di là della parete del vaso, i linfociti usano i tentacoli per trasportare tossine mortali nella cellula malata, mantenendo però il proprio corpo all'interno del vaso», continua Guidotti. La permanenza all'interno del vaso permette ai linfociti di continuare a svolgere la loro funzione difensiva.

L'zione dei linfociti non è sempre totalmente efficace. Nelle infezioni acute i linfociti citotossici riescono a eliminare del tutto il virus ma causano danni al fegato anche seri, mentre nelle infezioni croniche i pochi e poco funzionali linfociti citotossici non riescono a eliminare il virus ma mantengono, purtroppo, una malattia epatica blanda e continua. Il persistere della malattia epatica per molti anni porta a complicanze quali la cirrosi epatica e il cancro del fegato.

I ricercatori sono riusciti anche