Malaria, la resistenza ai farmaci minaccia anche l'Africa

Giornata Mondiale

Malaria, la resistenza ai farmaci minaccia anche l'Africa

di redazione
Una mutazione genetica individuata nel parassita della malaria potrebbe essere il segnale che anche in Africa si sta diffondendo la resistenza all'artemisinina. Lo dice uno studio pubblicato su Antimicrobial Agents and Chemotherapy

L'ultimo report dell'Organizzazione mondiale della sanità lo diceva chiaramente. La sfida più importante da vincere nella lotta alla malaria è la resistenza all'artemisinina, il principale farmaco a disposizione per i trattamenti. Negli ultimi anni, infatti, il più letale dei parassiti malarici, il Plasmodium falciparum, ha sviluppato resistenza alle terapie e il problema è molto sentito in cinque paesi della subregione del Grande Mekong: Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia e Vietnam.

Ma anche l'Africa, altro continente dove la malaria è prevalente, potrebbe iniziare presto a fare i conti con la capacità del parassita di eludere l'attacco dell'ultimo farmaco antimalarico efficace a disposizione.

La conferma che anche qui il Plasmodium sta sviluppando resistenza arriva alla vigilia della Giornata mondiale della malaria, che si celebra il 25 aprile, da uno studio pubblicato su Antimicrobial Agents and Chemotherapy. I ricercatori della London School of Hygiene & Tropical Medicine hanno scoperto una nuova mutazione genetica del parassita malarico che lo renderebbe resistente all'artemisinina. I plasmodi portatori della mutazione nel gene Ap2mu, infatti, sono risultati meno sensibili all'azione del farmaco.

Già dal 2013 i ricercatori sospettavano un legame tra queste caratteristiche genetiche e un possibile inizio della resistenza ai farmaci in Africa, quando nel sangue di bambini kenyoti colpiti da malaria da P. falciparum erano stati notati dei parassiti ancora in vita nonostante il trattamento. Per esserne certi, gli scienziati hanno modificato geneticamente il P. falciparum in laboratorio in modo da mutare il gene ap2mu nello stesso modo osservato in Kenya.

Hanno così scoperto che il parassita portatore della mutazione era anche meno sensibile al trattamento e serviva un quantitativo di artemisina superiore del 32% per ucciderlo. Inoltre, il plasmodio geneticamente modificato è risultato meno sensibile del 42,4% al tradizionale farmaco antimalarico, il chinino.

All'inizio di quest'anno un altro gruppo di ricerca ha scoperto diverse mutazioni nel gene kelch13 legate alla ridotta sensibilità al trattamento con artemisinina nel Sud Est asiatico, l'area dove storicamente ha fatto capolino la resistenza ai farmaci antimalarici, compresi quelli di prima generazione, per poi diffondersi in Africa.

Sulla base dei nuovi risultati, tuttavia, i ricercatori della London School sono convinti che la resistenza all'artemisinina in Africa si stia sviluppando indipendentemente per efetto di una mutazione diversa.

«Il parassita della malaria è in continua evoluzione per eludere i nostri sforzi di controllo. Abbiamo già dovuto smettere di usare il chinino a causa della resistenza del parassita, ma se dovesse sviluppare resistenza anche al farmaco antimalarico più prezioso saremmo di fronte a una grave situazione», ha detto Colin Sutherland, a capo dello studio.

«Ora sappiamo che il gene ap2mu è un fattore importante per determinare quanto funzioneranno bene i nostri farmaci. Stiamo conducendo studi di laboratorio e sul campo per misurare in modo più accurato l'impatto delle mutazioni nel gene ap2mu. Speriamo che i nostri risultati possano aiutare a capire la resistenza ai farmaci, ed essere uno strumento per monitorare il trattamento della malaria in futuro».

Secondo le stime contenute nel report 2014 dell'Oms, ogni anno si verificano nel mondo 198 milioni di nuovi casi di malaria e oltre mezzo milione di persone muoiono. La maggior parte dei decessi si verifica tra i bambini che vivono in Africa, dove uno ogni minuto muore di malaria.