Un nuovo meccanismo per “affamare” i tumori
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Affamare i tumori, indebolirli e renderli più suscettibili agli attacchi della chemioterapia. La nuova strategia potrebbe essere sperimentata presto grazie alla scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr di Pavia che ha descritto su Nature Communications una nuova variante proteica, espressa unicamente dai vasi sanguigni tumorali, che contribuisce a rendere il cancro più aggressivo. La nuova variante potrebbe diventare allo stesso tempo un marcatore tumorale e un bersaglio terapeutico. «La crescita dei tumori è infatti strettamente correlata ai nutrienti forniti dai vasi sanguigni associati al tumore: limitare lo sviluppo di questi ultimi rappresenta quindi una possibile strategia terapeutica per “affamare” il tumore e renderlo maggiormente suscettibile alla chemioterapia», ha commentato Claudia Ghigna, dell’Istituto di genetica molecolare Luigi Luca Cavalli-Sforza del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Cnr-Igm), che ha condotto lo studio in collaborazione con diversi centri di ricerca e università italiane e internazionali, con il sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro.
I ricercatori hanno osservato che attraverso il meccanismo noto come “splicing alternativo” le cellule dei vasi sanguigni producono una nuova variante della proteina UNC5B mai descritta prima, chiamata UNC5B-8.
«Lo splicing alternativo è un meccanismo cosiddetto di ‘taglia e cuci’, che consente ai mattoni che formano i geni umani di essere assemblati in vari modi e, come conseguenza, di generare proteine differenti a partire dallo stesso stampo iniziale. I risultati della ricerca accendono i riflettori sul ruolo ancora poco conosciuto dello splicing alternativo durante lo sviluppo dei vasi sanguigni tumorali», spiega Ghigna.
La formazione dei vasi sanguigni avviene attraverso un processo chiamato angiogenesi ed è indispensabile affinché i diversi tessuti e organi ricevano l’ossigeno e i nutrienti necessari alla loro sopravvivenza. «L’angiogenesi è però determinante anche nella progressione tumorale: fin dalle prime fasi di sviluppo, le cellule cancerose stimolano la formazione di nuovi vasi, sostenendo così la propria crescita e la formazione di metastasi in altri organi o tessuti. Dallo studio dell’angiogenesi sono emerse terapie in grado di fermare o far regredire il tumore, bloccato nella formazione dei vasi sanguigni e privato così di ossigeno e nutrienti. Sfortunatamente, finora, queste terapie hanno mostrato risultati modesti nei pazienti, che spesso sviluppano meccanismi di resistenza. Maggiori informazioni sui vasi sanguigni che nutrono il tumore sono pertanto fondamentali per rendere questi approcci terapeutici più efficaci. In questo studio abbiamo scoperto che la nuova variante proteica UNC5B-8 è prodotta unicamente dalle cellule dei vasi sanguigni e preferenzialmente da quelle associate a tumori più aggressivi e con prognosi meno favorevole. Quindi tale variante offre un ottimo strumento diagnostico e prognostico, che potrebbe essere sfruttabile sia come nuovo marcatore dell’angiogenesi tumorale, sia come possibile bersaglio molecolare per terapie anti-cancro di maggior efficacia», dichiara Ghigna.
I ricercatori hanno ricostruito nel dettaglio il processo di sviluppo della variante proteica suggerendo così una possibile nuova strategia terapeutica per poterlo bloccare.
«A guidare la macchina che genera la proteina UNC5B-8 è il fattore NOVA2, che, come UNC5B-8, ha un’espressione alterata nei vasi sanguigni che nutrono il tumore, mentre è assente o è espresso a bassi livelli nei vasi sanguigni dei tessuti sani. NOVA2 attiva direttamente lo splicing alternativo del gene UNC5B inducendolo a produrre la nuova variante», conclude Davide Pradella, ricercatore del Cnr-Igm di Pavia.