Quanto conta lo stress nell'evoluzione del cancro al seno

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Quanto conta lo stress nell'evoluzione del cancro al seno

di redazione
Lo stress prolungato potrebbe contribuire alla progressione del carcinoma mammario. Ricercatori dell'Iss e del Regina Elena stanno portando avanti uno studio per capire i meccanismi alla base di questa associazione

Uno stress prolungato nel tempo potrebbe contribuire alla progressione del carcinoma della mammella, seconda causa di morte per cancro e la più comune forma di tumore tra le donne.

Il meccanismo alla base del fenomeno, ancora da chiarire, suggerirebbe che è il tumore stesso a creare un ciclo di auto-potenziamento in grado di promuovere la progressione tumorale, stimolando la sintomatologia depressiva indotta dallo stress. Su questo si sta concentrando una ricerca coordinata dall'Istituto superiore di sanità (Iss), in collaborazione con l'Istituto Tumori Regina Elena di Roma e l'Istituto europeo di oncologia, presentata oggi nel corso del convegno "Stile di vita come fattore di rischio nella progressione del tumore al seno".

«Nonostante vi siano evidenze di un'associazione tra isolamento sociale, stress e cancro al seno, i meccanismi che ne sono alla base non sono ancora stati del tutto spiegati», dichiara Francesca Cirulli, ricercatrice dell'Iss responsabile scientifico del progetto. «Sappiamo però che alcuni tipi di stress psicologico prolungato sono responsabili di un'accresciuta infiammazione o di una sovrapproduzione di ormoni dello stress in grado di favorire la sintomatologia depressiva, la funzione neuroendocrina e di stimolare il sistema immunitario. Evidenza questa che, oltre ad essere confermata dall'attivazione di marcatori già noti, quali i glucocorticoidi, è avvalorata anche dall'attività di fattori quali il Brain-derived neurotrophic factor».

I dati raccolti finora indicano, infatti, che un lungo periodo di isolamento sociale è in grado di amplificare la risposta allo stress acuto con una conseguente riduzione dell'espressione genica del Bdnf in diverse aree cerebrali creando una maggiore suscettibilità a sviluppare sintomi depressivi.

Questo dato trova conferma nella relazione inversa tra sintomi depressivi e livelli periferici di Bdnf nelle pazienti. «Individuare e validare marcatori periferici di stress e funzione immunitaria, relativi alla progressione del cancro al seno, può consentire di identificare fattori prognostici per lo sviluppo dello stato depressivo in pazienti con tumore alla mammella durante la terapia farmacologica e nelle fasi successive e per identificare tempestivamente quelle pazienti più suscettibili alle conseguenze psicologiche negative dello stress», aggiunge la Cirulli.

Il progetto di ricerca, finanziato dal Ministero della Salute e dalla Fondazione Veronesi, mira proprio a identificare, attraverso colloqui psicologici e rilevazione di ormoni e citochine, il fenomeno "stress" nelle pazienti con neoplasia della mammella operata e sottoposte a trattamento chemioterapico seguito o meno da terapia antiormonale adiuvante.

«Dalle prime analisi effettuate su 80 pazienti si rileva che, pur senza evidenti segnali di un alto livello di stress, ansia e depressione nelle pazienti, c'è una correlazione con i livelli alterati di BdnfF e alterazioni del cortisolo sia salivare che ematico», spiegano l'oncologa Alessandra Fabi e la psicologa Patrizia Pugliese. «Lo studio andrà a verificare la fase del follow up con l'intento di valutare anche l'eventuale impatto sull'outcome della malattia. Una precoce identificazione dello stress può significare una eventuale riduzione di un rischio di ricaduta da parte di pazienti più a rischio, quali quelle donne che dovranno affrontare il percorso chemioterapico di cura».