Un test semplice e low cost prevede chi si ammalerà di demenza

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Un test semplice e low cost prevede chi si ammalerà di demenza

di redazione

Un prelievo di sangue e un elettroencefalogramma potrebbero individuare in anticipo chi si ammalerà di demenza (compreso l’Alzheimer). 

La tecnica è stata messa a punto da ricercatori della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – Università Cattolica, con il supporto dell’IRCCS S. Raffaele Pisana. E ora è stata illustrata sulla rivista Annals of Neurology.

Il test è pensato per essere usato in chi soffre di lieve declino cognitivo. Si tratta di una popolazione che presenta un rischio 20 volte più elevato di ammalarsi di demenza rispetto ai coetanei sani. Tuttavia solo la metà di chi ha una forma di declino cognitivo lieve svilupperà effettivamente la malattia. E a oggi non è dato prevedere chi si ammalerà e chi no. È  questo che promette di fare la nuova tecnica.

«Grazie a questo studio conoscere chi si ammalerà di demenza tra i soggetti a rischio sarà semplice e rapido perché basteranno un Eeg eseguito in modo routinario, ma analizzato con metodi estremamente sofisticati) e un prelievo», spiega il coordinatore del gruppo Paolo Maria Rossini, direttore dell’Area di Neuroscienze della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS e ordinario di Neurologia all’Università Cattolica. «A oggi manca nella pratica clinica un test siffatto, che potrà essere di grande aiuto sia per le persone con declino cognitivo, sia per le loro famiglie, per iniziare il prima possibile i trattamenti medici e riabilitativi, per introdurre le necessarie modifiche nello stile di vita e per orientare per tempo scelte anche difficili che si è costretti ad affrontare in caso di diagnosi di demenza».

Il prelievo di sangue serve a condurre un semplice test genetico alla ricerca di una mutazione legata al rischio di Alzheimer, sul gene ApoE. Mentre i segnali registrati con l’elettroencefalogramma sono interpretati con un’analisi matematica (teoria dei grafi) che consente di capire come sono connesse tra loro le diverse aree del cervello. 

Lo studio appena pubblicato è stato condotto su 145 persone con lieve declino cognitivo. I test sono stati eseguiti all’inizio dello studio e i pazienti sono stati seguiti per alcuni anni: 71  di loro hanno sviluppato una demenza. Il test era stato in grado di riconoscere correttamente i casi positivi nel 96,7% dei casi. 

«Il test è utilizzabile da subito nella pratica clinica», conclude Rossini. 

«Ma è previsto un suo ’collaudo’ all’interno di un progetto di ricerca comparativa denominato INTERCEPTOR, di recente finanziato da AIFA e Ministero della Salute. Nel trial – aggiunge Rossini- il nostro e altri test saranno messi a confronto per valutare la loro accuratezza, i loro costi e la loro facilità di esecuzione all’interno di un modello organizzativo su scala nazionale».

«Purtroppo stiamo assistendo a un rallentamento  dell’avvio del trial multicentrico (il Bando è già scaduto da oltre 2 mesi)», conclude Rossini. «L’auspicio di tutti i miei colleghi impegnati nella ricerca contro le demenze e l’Alzheimer è che  al più presto le nostre autorità regolatorie colgano l’importanza dell’iniziativa scientifica  che porrà il nostro Paese all’avanguardia nel mondo nello studio  di questa grave, sempre è più diffusa e invalidante patologia neurologica».