2025, addio alla sanità pubblica. La previsione della Fondazione Gimbe

Il Rapporto

2025, addio alla sanità pubblica. La previsione della Fondazione Gimbe

di redazione
Il Servizio sanitario nazionale è in prognosi riservata. Se non si interviene presto rischia di scomparire definitivamente. L’appello arriva dal 2° Rapporto sulla sostenibilità della sanità pubblica della Fondazione Gimbe che propone un dettagliato piano di salvataggio

Non c’è un complotto, non c’è un piano segreto e ben architettato, non c’è nulla di voluto, insomma, ma tutto ciò ha poco importanza: la sanità pubblica gode di pessima salute e se non si corre urgentemente ai ripari rischia di fare una brutta fine. È l’allarme lanciato dalla Fondazione Gimbe che nel 2° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale propone un piano di salvataggio. 

«Anche se non esiste un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del servizio sanitario nazionale - dice Nino Cartabellotta presidente Fonfdazione Gimbe -  continua a mancare un programma politico di medio-lungo termine per salvaguardarlo».

Il Rapporto indica quattro punti critici che mettono a rischio la sostenibilità del Ssn formulando per ogni caso alcune specifiche proposte.

Finanziamento pubblico. La spesa sanitaria in Italia continua inesorabilmente a perdere terreno, sia considerando la  percentuale del Pil sia soprattutto la spesa pro-capite, inferiore alla media Ocse (3.245 dollari  vs  3.976 dollari), che posiziona l’Italia prima tra i paesi poveri dell’Europa. «L’entità del definanziamento pubblico – precisa Cartabellotta – emerge in maniera ancora più evidente confrontando la crescita percentuale della spesa pubblica nel 2009-2015, dove l’Italia si attesta ultima, con un misero +2,9% (rispetto al 20% della media Ocse), precedendo solo Spagna, Portogallo e Grecia, paesi in cui si è verificata addirittura una riduzione percentuale». Il Documento di Economia e Finanza (Def) 2017 conferma che, se nel 2010-2015 la sanità si è fatta pesantemente carico della crisi economica del Paese, una eventuale ripresa del Pil nei prossimi anni non avrà un corrispondente positivo impatto sul finanziamento pubblico del Ssn, perché il Def 2017 ne ha ridotto in maniera rilevante la percentuale da destinare alla sanità. 

Nuovi Lea.  «Il vero problema – puntualizza Cartabellotta – è che il Dpcm sui nuovi Lea non rende esplicita né la metodologia per inserire le prestazioni nei Lea, né quella per “sfoltirli”. In assenza di metodo si concretizzano situazioni paradossali, dove con il denaro pubblico vengono al tempo stesso rimborsate prestazioni futili o addirittura dal rapporto rischio-beneficio sfavorevole, mentre prestazioni indispensabili non vengono garantite».

Sanità integrativa. Dei quasi  35 miliardi di euro di spesa privata, l’88 per cento in Italia è a carico dei cittadini, con una spesa pro-capite annua di oltre  500 euro. «Le varie forme di sanità integrativa – precisa Cartabellotta – “intermediano” infatti solo il 12,8 per cento della spesa privata, collocando l’Italia agli ultimi posti dei paesi dell’Ocs. Peraltro, la frammentazione legislativa ha generato un paradosso inaccettabile: se i fondi sanitari integrativi non possono coprire prestazioni essenziali, molte di queste oggi vengono sostenute dalle assicurazioni private, che si stanno insinuando tra incertezze delle Istituzioni e minori tutele della sanità pubblica, rischiando di trasformare silenziosamente, ma inesorabilmente, il modello di un Ssn pubblico, equo e universalistico in un sistema misto».

Spechi e inefficienze. Sovra-utilizzo, frodi e abusi, acquisti a costi eccessivi, sotto-utilizzo, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza hanno prodotto sprechi sulla spesa sanitaria pubblica nel 2016 per un valore di 22,51 miliardi di euro. «Quest’anno – aggiunge Cartabellotta – abbiamo elaborato “carte di identità” per ciascuna delle sei categorie e, sulla base delle iniziative rilevanti realizzate dall’Agenas e dall’Autorità Nazionale Anti Corruzione, abbiamo sviluppato la tassonomia GIMBE di frodi e abusi in sanità, integrando fonti bibliografiche internazionali, casistiche giurisprudenziali, fatti e fenomeni nazionali».

Il “Piano di salvataggio” del Ssn

  • Offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate al Ssn, mettendo fine alle annuali revisioni al ribasso rispetto alle previsioni e soprattutto con un graduale rilancio del finanziamento pubblico.
  •  Rimodulare i Lea sotto il segno del value, per garantire a tutti i cittadini servizi e prestazioni sanitarie ad elevato value, destinando quelle dal basso value alla spesa privata e impedendo l’erogazione di prestazioni dal value negativo.
  •  Ridefinire i criteri della compartecipazione alla spesa sanitaria e le detrazioni per spese sanitarie a fini Irpef, tenendo conto anche del value delle prestazioni sanitarie.
  • Attuare al più presto un riordino legislativo della sanità integrativa.
  • Avviare un piano nazionale di prevenzione e riduzione degli sprechi, al fine di disinvestire e riallocare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi.
  • Mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni (health in all policies), in particolare di quelle che coinvolgono lo sviluppo economico del Paese, per evitare che domani la sanità paghi “con gli interessi” quello che oggi appare una grande conquista.