Come sta il Servizio sanitario

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Come sta il Servizio sanitario

di redazione
Per ora il sistema tiene e non sfigura nei confronti internazionali. Anzi sembra migliorare le sue performance. Ma quanto potrà reggere? I segnali di cedimento non mancano. Uno su tutti: il “razionamento” dell’innovazione farmacologica

Il nostro sistema sanitario si difende bene nelle classifiche internazionali. Ma è difficile resistere alla tentazione di dire “nonostante tutto”. Perché il servizio pubblico si trova sempre più in mezzo a due fuochi cercando di non bruciarsi. Da un lato una spesa privata in costante crescita, con solo il 15 per cento di copertura pubblica dei servizi ai 2,5 milioni di non autosufficienti e il 45 per cento delle visite specialistiche oramai a pagamento. Dall’altro prezzi da 100 mila euro a ciclo terapeutico richiesti per farmaci con solo il 16 per cento dei costi giustificati dall’effettivo miglioramento dei pazienti. 

È “Lo stato di salute della sanità italiana” illustrato a Roma da istituzioni, economisti, manager ed esperti del settore nell’incontro organizzato dalla Federazione di Asl e ospedali (Fiaso) con Accademia di Medicina.

Il problema del prezzo dei farmaci

«Il cuore della questione - afferma Giuseppe Traversa,  del Comitato scientifico dell’Istituto superiore di sanità - è che nuovo non è sinonimo di innovativo». Lo sostengono anche recenti studi scientifici come quello della prestigiosa rivista Jama oncology presentati nel corso dell’incontro. 

Il prezzo esorbitante dei  nuovi farmaci oncologici (fino a un milione di dollari a terapia) non è quasi mai paragonabile ai vantaggi forniti valutando la “sopravvivenza libera dalla progressione della malattia”. «Mettendo infatti in correlazione il prezzo con il miglioramento dell’esito – spiega Traversa - si scopre che solo una minima porzione di questo, pari al 13-16 per cento, è giustificata dall’entità del miglioramento in termini di salute». 

Tra le soluzioni possibili c’è l’introduzione del “Quality Adjusted Life Years”, l’indice degli incrementi di aspettativa di vita connessi agli interventi sanitari. Che pone questioni etiche di non facile soluzione. «Occorre definire - dice Traversa - qual è il contribuito aggiuntivo che possa far accettare il maggior prezzo: ad esempio se per un antitumorale devono essere accettabili tre o sei mesi di sopravvivenza». 

Oppure si può seguire l’esempio degli Usa: contenere i prezzi chiedendo procedure trasparenti per conoscere quanto è stato investito in ricerca.
Infine, ma non da ultimo, bisogna puntare sull’appropriatezza prescrittiva, sulla quale c’è ancora da lavorare, soprattutto nel Lazio dove per ciascun assistito si consumano dosi di farmaci cinque volte maggiori rispetto al Veneto o all’Emilia Romagna.

Il boom della spesa privata 

Quasi la metà delle visite ambulatoriali viene effettuata a pagamento. Le donne (70%) pagano di tasca propria il ginecologo e il 40 per cento  delle prestazioni riabilitative è a pagamento. Il tasso di copertura dei servizi pubblici per i 2,5 milioni di non autosufficienti non supera il 10-20 per cento, per l’odontoiatria il 5 per cento. 

La spesa privata ha oramai raggiunto quota 33 miliardi, quasi un quarto della spesa sanitaria complessiva. Ed è quasi tutta “out of pocket”, ossia pagata direttamente dai cittadini senza l’intermediazione di fondi integrativi o assicurazioni. «Insomma - spiega Francesco Longo, del Cergas Bocconi -  il cittadino medio, sano, quando ha bisogno è abituato a pagare e a ricercarsi le prestazioni in un sistema ancora molto frammentato, che favorisce chi ha più competenze». 

Una delle sfide per la sanità è infatti quella di offrire in modo immediato e comprensibile informazioni sul ventaglio dei servizi offerti. «Per questo – aggiunge Longo - anche in sanità, come per Google, Amazon o Tripadvisor, è iniziata la competizione tra chi riuscirà a proporre una piattaforma capace di ricomporre l’offerta di servizi a misura di famiglie e pazienti».

Ma la qualità del pubblico migliora

Nonostante tutto, la qualità del servizio pubblico migliora.  «Il servizio pubblico tiene e migliora le sue performance - assicura Sabina Nuti, responsabile del laboratorio Management e sanità della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. «Se analizziamo la capacità di miglioramento dei sistemi sanitari rispetto al 2014 - precisa - dai dati del Sistema di valutazione del Network delle Regioni scopriamo che su 92 indicatori valutati, nel 65 per cento dei casi la performance è migliorata e nel 40 per cento si è ridotta la variabilità geografica tra le aziende, il che significa che le Regioni sono riuscite a garantire anche maggiore equità». Che nell’“ingaggio” dei professionisti per la valutazione delle performance vede «lo strumento principale per garantire la tenuta del sistema». Mentre «la recente esperienza del “decreto appropriatezza”, che mirava a controllare direttamente l’attività dei medici prescrittori con un sistema sanzionatorio, insegna che l’approccio di tipo impositivo è destinato quasi inevitabilmente a naufragare».

Il confronto con i vicini però non regge

«È una illusione che il nostro sistema sanitario nazionale performi benissimo», afferma senza giri di parole Federico Spandonaro, presidente del Crea-sanità dell’Università Tor Vergata di Roma dopo aver illustrato, dati alla mano, le differenze con i Paesi europei più avanzati. La prova viene dai segnali di “razionamento” dell’innovazione farmacologica nel nostro Paese, caratterizzati da un minor consumo di nuove molecole rispetto ai "Paesi Big" dell’Ue, che sono del 90 per cento nel 2014, con un 32 per cento di molecole approvate dall’Agenzia europea del farmaco che nel nostro mercato non sono proprio entrate.
Segnali allarmanti, che per Spandonaro «impongono di definire chiaramente quali siano le priorità del nostro Ssn».

Aziende baricentro del sistema

«I tempi richiedono di riportare il baricentro sulle Aziende - sostiene Mario Del Vecchio, direttore del Cusas dell’Università di Firenze - separando meglio la politica dalla gestione, governando persone e processi complessi non solo con l’ordine gerarchico ma attraverso senso di identità e di appartenenza. Senza dimenticare che sistemi complessi come quelli sanitari hanno bisogno di responsabilità intermedie, anche per garantire bilanciamento degli interessi e accountability».