I pazienti e i farmaci, un rapporto da migliorare

L'indagine

I pazienti e i farmaci, un rapporto da migliorare

di redazione
Un'indagine condotta da Cittadinanzattiva fotografa l'esperienza dei pazienti con i farmaci, con un focus su biologici e biosimilari. Ne viene fuori che servono interventi per migliorare l'aderenza alle terapie e l'informazione a medici e pazienti

Non sempre seguono la terapia alla lettera, si fidano ancora poco dei farmaci equivalenti, vorrebbero assumere meno compresse e avere meno effetti collaterali. E sui farmaci biologici e biosimilari restano ancora incertezze e confusione. È questo l'identikit del "rapporto" tra farmaci e pazienti con patologie croniche che emerge dalla "Indagine civica sull'esperienza dei pazienti rispetto all'uso dei farmaci, con focus su biologici e biosimilari", presentata da Cittadinanzattiva attraverso il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici (CnAmc).

La ricerca ha voluto approfondire quanto i pazienti sanno delle terapie che assumono, quanto sono informati su farmaci biologici e biosimilari (si stima che nei prossimi anni su 100 farmaci almeno 48 saranno biologici, passando dal 30% al 70%), quali sono i loro bisogni informativi, i dubbi, le richieste inespresse e tutti gli elementi che in qualche modo possono ostacolarne il successo. L'indagine è stata condotta fra agosto ed ottobre 2014 e ha coinvolto 619 pazienti affetti da patologie croniche come la malattia di Crohn e colite ulcerosa (47,5%), le malattie renali (18,5%), l'ipertensione (15,2%), le malattie autoimmunitarie e reumatologiche (13,2%), la psoriasi (10,6%), malattie oncologiche (10,5%).

Gli spunti venuti fuori, secondo Cittadinanzattiva, hanno indicato le priorità sulle quali intervenire per migliorare l'aderenza alle terapie, la comunicazione medico-paziente, l'informazione sull'efficacia e la sicurezza dei farmaci e la farmacovigilanza attraverso il coinvolgimento dei cittadini.

Il primo dato riguarda la scarsa aderenza alla terapia. Oltre la metà dei pazienti intervistati assume dai due ai tre farmaci al giorno (24,8 e 28,9%), il 10,5% anche più di quattro. All'incirca ad un paziente su cinque accade di dimenticare di assumere la terapia, ad uno su sette di sbagliare il dosaggio del farmaco. Il 22% dichiara di essere stato costretto ad interrompere la terapia, per una media di 12 giorni, nella maggior parte dei casi a causa di una reazione allergica (22,6%) o perché risultata inefficace (20,4%); ma anche per i costi a carico dei cittadini (16,4%) o perché il farmaco non era disponibile in farmacia (14,5%). Una percentuale inferiore (10,8%) decide volontariamente di sospendere o non intraprendere la terapia prescritta, principalmente per scetticismo (56,5%), nel senso che la stessa non produce i risultati sperati o mostra più effetti collaterali che benefici, o perché la cura risulta difficile da seguire a causa di un numero di somministrazioni troppo elevato (13%), o ancora perché si tratta di terapie che se intraprese dureranno tutta la vita e che quindi scoraggiano il paziente (11,6%).

In altri casi la decisione dipende da una cattiva comunicazione tra medico e pazienti. Per il 32,2% degli intervistati, infatti, le informazioni fornite dal prescrittore non erano state sufficientemente chiare. Un altro problema, fortemente sentito, è la difficoltà di prescrizione: in molti casi (12,9%) lo specialista prescrive il farmaco su ricetta bianca, ma una volta che il paziente ne chiede la trascrizione su ricetta rossa, il medico di medicina generale si rifiuta. Per chi si sposta fuori dalla Regione di residenza i principali problemi da affrontare sono: acquistare il farmaco di tasca propria (46,6%), non sapere a chi rivolgersi per proseguire la terapia (17,7%) o di ricevere un secco no anche davanti ad una regolare prescrizione (15,5%).

Riguardo ai farmaci equivalenti, circa un paziente su quattro sa che si tratta di un farmaco che costa meno rispetto a quello di marca e nella stessa percentuale affermano che è un farmaco simile, ma non uguale a quello di marca. Oltre il 30% li riconosce dal prezzo sapendo che costano meno del farmaco brand e dalla dicitura sulla confezione. Nella maggior parte dei casi sono informati dal medico o dal farmacista circa l'esistenza dell'equivalente, ma considerano quello di marca più efficace (33,4%) o sono influenzati dallo scetticismo di una parte di medici (30,8%) che sostiene che non sono uguali. Il risultato è che quasi la metà dei pazienti (47,3%) non cambierebbe la terapia che sta assumendo con quella equivalente o ha dubbi nel farlo (21,6%).

Se si passa ad analizzare il rapporto con i farmaci biologici e biosimilari, si scopre che quasi la metà dei pazienti coinvolti nell'indagine (45,4%) ha assunto un biologico; solo il 4% assume invece un biosimilare. Molti degli intervistati, in realtà, non sono certi se il farmaco che stanno assumendo sia biologico o biosimilare (38,6%). Quasi il 30% sa che il farmaco biologico è una sostanza biologica sintetizzata da una fonte biologica; il 20% che è un farmaco che fornisce solo l'ospedale ed ancora il 19% che è un farmaco molto costoso.

Esiste, tuttavia, un 17,5% che non sa cosa sia e un 7% che non ne ha mai sentito parlare. Chi assume un farmaco biologico è stato informato dal personale sanitario che si tratta di un farmaco sperimentato per la propria patologia (60,5%), sugli effetti collaterali che può avere (44,9%) o ancora sono stati avvisati sul fatto che in caso di reazioni avverse devono subito avvisare il medico (32,3%). Solo il 9% degli intervistati è, invece, a conoscenza della differenza tra i farmaci biologici e biosimilari. La maggioranza (oltre il 41%) non sa cosa sia un biosimilare; il 13,8%, invece, ritiene erroneamente che sia il generico del farmaco biologico di riferimento. Le informazioni fornite alla piccola percentuale di pazienti che sa di assumere un farmaco biosimilare riguardano, innanzitutto il nome del farmaco e la modalità di somministrazione (28,8%). Solo nel 7,7% vengono prospettate alternative terapeutiche. Quello che sta più a cuore ai pazienti è innanzitutto il profilo di sicurezza ed efficacia del farmaco (59% per il farmaco biologico e 69% per il farmaco biosimilare) ed i possibili effetti collaterali (circa il 48% per entrambe le categorie). Per quanto riguarda i biosimilari, la terza richiesta è il nome del farmaco e la sua modalità di somministrazione (41,88%).

A conclusione della indagine, Cittadinanzattiva ha chiesto ai pazienti di indicare cosa vorrebbero per migliorare la qualità di vita legata all'assunzione di terapie farmacologiche.

Il 37% vorrebbe non essere costretto a prendere tanti farmaci diversi; oltre il 35% vorrebbe assumere terapie che mostrino miglioramenti e non durino troppo a lungo; il 30% auspica terapie con meno effetti collaterali; il 23% desidera che il medico gli prescriva la cura in modo più chiaro, spiegando bene effetti e prospettive. C'è anche un 20% che vorrebbe che fosse lo specialista a prescrivergli il farmaco su ricetta rossa, senza dover ricorrere al medico di famiglia e nella stessa percentuale si lamentano di dover pagare di tasca propria.